12/07/12 Decreto sviluppo
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Le novità introdotte dal decreto sviluppo (D.L. 22/06/2012 n. 83), Il giorno 12 luglio p.v., dalle ore 15.00, presso l'Hotel Golden Tulip Galilei (Pisa- Via Darsena 1) si svolgera' un Convegno sul tema Le novita' introdotte dal decreto sviluppo (D.L. 22/06/2012, n. 83).

Il Convegno sarà coordinato dall'Avv. Prof. Claudio Cecchella ed i temi trattati saranno:

Nuova disciplina delle impugnazioni

Modifiche alla c.d. Legge Pinto

Modifiche in tema di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione del debito.

La legge 7 agosto 2012, n. 134 di conversione del d.l. n. 83 del 2012. L'entrata in vigore e' fissata il 12 agosto, trenta giorni dopo si applicano le norme della novella. by Redazione sito
L'appello e il ricorso per cassazione, ppt by Claudio Cecchella
Lo schema dell'intervento sulle modifiche alla legge Pinto by Andrea Mengali
Gli emendamenti alla Camera by On.li Capano, Contento Napoli, Ria
Il parere by Consiglio Superiore della Magistratura
L'intervento del Relatore alla Commissione Giustizia della Camera by Onorevole Capano (PD)
La presa di posizione dei processualisti... by Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile

L'intervento del Relatore alla Commissione Giustizia della Camera

SEDE CONSULTIVA

MARTEDÌ 3 LUGLIO 2012

Presidenza del Presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 13.15.

DL 83/12 recante misure urgenti per la crescita del Paese.

C. 5312 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite VI e X).

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

*Cinzia CAPANO (PD), relatore, (omissis) L’articolo 54 è diretto a migliorare l’efficienza della giustizia, intervenendo sulla disciplina delle impugnazioni, sia di merito che di legittimità.

L’intervento di riforma si basa sull’introduzione nel codice di procedura civile del nuovo articolo 348-bis che prevede un filtro di inammissibilità dell’appello; tale filtro avviene sulla base di una prognosi rimessa alla discrezionalità dello stesso giudice del gravame, basata sulla ragionevole fondatezza dell’impugnazione (l’impugnazione è inammissibile “quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”) (primo comma). Dall’introduzione di tale filtro derivano le ulteriori novelle al codice di procedura civile.

Lo schema che viene introdotto nel processo civile si basa, quindi, su una selezione preventiva delle impugnazioni meritevoli di trattazione (la relazione di accompagnamento rileva che il 68% degli appelli si concludono con la conferma della sentenza di primo grado): quando il giudice rilevi l’infondatezza di merito dell’impugnazione, dichiara l’inammissibilità dell’impugnazione con ordinanza, spogliandosi del gravame. In tal caso, la decisione di primo grado sarà ricorribile per cassazione. Nel caso contrario (di ammissione dell’appello) il giudice procede alla trattazione, senza adottare alcun provvedimento.

Il filtro di inammissibilità non può essere applicato se il gravame concerne (secondo comma): le cause in cui è obbligatorio l’intervento del PM; l’appello all’ordinanza di cui all’art. 702-ter, sesto comma, che decide in sede di procedimento sommario di cognizione .

Il nuovo articolo 348-ter c.p.c detta disposizioni sulla pronuncia d’inammissibilità dell’appello. L’ordinanza d’inammissibilità è adottata dal giudice in sede di prima udienza di trattazione (art. 350 c.p.c.) ed è “succintamente motivata” anche con il rinvio ad elementi di fatto riportati negli atti di causa ed a precedenti conformi; l’ordinanza pronuncia anche sulla condanna alle spese ex art. 91 (primo comma). L’inammissibilità può essere dichiarata solo quando la prognosi di infondatezza del gravame sussista sia per l’appello principale che per quello incidentale; in caso contrario, il giudice dovrà trattare tutte le impugnazioni proposte contro la decisione di primo grado (secondo comma).

Come accennato, se l’appello è dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis, la sentenza di primo grado è ricorribile per cassazione, ma in relazione ai soli motivi specifici indicati con l’atto di appello; il termine di venti giorni per il ricorso decorre dalla comunicazione o notifica dell’ordinanza che ha pronunciato l’inammissibilità dell’appello (terzo comma).

Il ricorso per cassazione - quando l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348-bis è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste alla base della sentenza di primo grado appellata – viene, tuttavia, limitato ai soli motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione delle norme sulla competenza (quando non è prescritto il regolamento di competenza), alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, alla nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, primo comma, nn. 1-4, c.p.c.) (quarto comma).

Con una integrazione all’art. 383 c.p.c. relativo alle ipotesi di cassazione con rinvio viene stabilito che, nelle citate ipotesi di cui al terzo e quarto comma dell’art. 348-ter (ricorso diretto in cassazione della sentenza di primo grado), se la Corte accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli di giurisdizione e di competenza (art. 382), rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello (dichiarato inammissibile ex art. 348-bis); viene precisata l’applicabilità della disciplina sul giudizio di rinvio prevista del codice di rito (artt. da 392 a 394)

Viene novellato, poi, l’art. 360 del codice di rito civile introducendo un filtro anche ai ricorsi in cassazione volto, secondo la relazione al provvedimento in esame, ad evitare una “strumentalizzazione ad opera delle parti che sta rendendo insostenibile il carico della Suprema Corte di cassazione, come più volte rilevato dal Primo Presidente”.

Vengono, infatti, eliminati dai motivi del ricorso in cassazione quelli inerenti la motivazione della sentenza pronunciata in appello (o in unico grado) ovvero la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (primo comma n. 5). E’ introdotto, infatti, un nuovo n. 5 del primo comma che prevede tra i motivi “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Con tale modifica, si ritorna, quindi, al testo anteriore alla novella codice processuale civile introdotta dalla legge n. 581 del 1950.

Sono, inoltre, dettate per le cause di lavoro e per quelle inerenti la disciplina delle locazioni alcune norme di coordinamento con le novelle introdotte. La prima, aggiungendo al c.p.c. l’art. 436-bis, rende applicabile anche alle cause di lavoro la descritta disciplina del filtro di inammissibilità dell’appello di cui agli artt. 348-bis e ter del codice processuale civile. La seconda, di modifica dell’art. 447-bis c.p.c., rende applicabile (tramite il richiamo all’art. 436-bis) la stessa disciplina alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto.

L’ultima disposizione dell’articolo 54 prevede una disciplina transitoria che stabilisce: l’applicabilità della riforma del filtro di inammissibilità (eccetto quella relativa all’esclusione dai motivi del ricorso in cassazione, di quelli inerenti la motivazione della sentenza, cui all’art. 360, primo comma, n. 5) ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame; l’applicabilità dei nuovi motivi di ricorso in cassazione (art. 360, primo comma, n. 5) alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

L’articolo 55 modifica la disciplina dei procedimenti relativi alle domande di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo civile e penale, specificando inoltre, per ciascun grado di giudizio, quale sia il termine entro il quale la durata del processo non può mai essere dichiarata irragionevole. La norma interviene, quindi, sul contenuto della cd. legge Pinto (L. n. 89 del 2001) sia con finalità di razionalizzazione del relativo procedimento presso le corti d’appello che di contenimento della spesa pubblica.

Attualmente, i giudizi sul diritto all’equa riparazione che devono decidere sul fondatezza del ricorso e sulla liquidazione degli importi si svolgono davanti alla Corte d’appello in composizione collegiale, con instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione responsabile e con svolgimento attraverso una pluralità di udienze. Poiché tali procedimenti, proprio per la loro eccessiva durata, sono stati essi stessi fonte di domande di risarcimento, la disposizione in esame delinea un nuovo, più snello modello procedimentale (basato su quello del decreto ingiuntivo previsto dal codice di rito civile) che permette di arrivare ad una rapida decisione sia sulla domanda (dagli attuali quattro mesi si passa a trenta giorni) che sull’eventuale impugnazione.

Per limitare gli esborsi dello Stato per violazione del termine di ragionevole durata (secondo la relazione illustrativa al decreto-legge, nel 2011 gli indennizzi sono risultati pari a circa 200 milioni di euro), l’articolo 55 prevede poi: specifiche cause di non indennizzabilità; la misura delle somme risarcibili sulla base di soglie predeterminate minime e massime.

Con la novella in esame, inoltre, sono fissati nella stessa legge Pinto i termini di ragionevole durata nei diversi gradi di giudizio sulla base di parametri acquisiti dalla giurisprudenza (sei anni complessivi: tre per il primo grado, due per l’appello ed uno per il giudizio di cassazione).

L’articolo 56, infine, interviene sulla Scuola della Magistratura per stabilire che questa possa avere da una a tre sedi: il numero effettivo delle sedi, unitamente alla loro localizzazione, resta rimesso ad un decreto ministeriale. La disposizione consente inoltre ai magistrati che facciano parte del consiglio direttivo della Scuola di scegliere tra la prosecuzione, seppur limitata, delle attività giurisdizionali e la collocazione fuori ruolo organico.

Esprime quindi a titolo personale alcune considerazioni critiche.

Ritiene preliminarmente necessaria una valutazione sulla congruità degli interventi sul terreno della giustizia civile rispetto agli obiettivi del provvedimento che, come definito dal suo titolo, sono appunto la crescita e lo sviluppo. Una valutazione positiva di congruità va senz'altro data agli interventi relativi alla modifica della legge Pinto, che pur avrebbero potuto spingersi in direzione di una maggiore “degiurisdizionalizzazione” (come avviene in alcune proposte di legge già all'esame del Senato e, in particolare, in quella a prima firma Della Monica del gruppo PD), nonché a quelli relativi alle modifiche alla legge fallimentare, al di là di alcuni approfondimenti che appaiono necessari in ordine alla tutela dei terzi, quali, ad esempio, la previsione dell’inefficacia delle ipoteche accese nel trimestre precedente alla richiesta di concordato.

Ciò che invece non consente, a suo giudizio, una valutazione positiva è l’istituzione del filtro in appello sia relativamente alla congruità con gli obiettivi della crescita e dello sviluppo sia riguardo al merito delle rispettive disposizioni.

Relativamente al primo aspetto ritiene che non sia condivisibile la scelta di inserire una modifica del genere in un decreto legge, non solo perché gli effetti sono spostati nel tempo sì da essere ontologicamente incompatibili con la struttura del decreto legge, ma anche perché il tema avrebbe imposto una completa riflessione sul sistema delle impugnazioni che andava affrontata con un ampio e sereno dibattito parlamentare. Infine, riguardando gli interventi l’appello e la Cassazione, e non il primo grado, non sono interventi di immediato e particolare interesse per il mondo delle imprese. Le imprese infatti sono più interessate alla celere definizione del primo grado o della fase monitoria, al fine di ottenere un titolo esecutivo che tuteli il suo diritto, che non alla celerità dell'appello che deve invece essere improntato alla certezza dei rapporti giuridici come cifra costitutiva dello Stato di diritto.

Osserva quindi come il provvedimento sembri accedere, senza esplicitamente nominarla, ad una idea di sommarizzazione del processo d'appello e finanche dell'accertamento della fondatezza dell’atto di impugnazione. In realtà, il meccanismo del filtro affida ad un giudice la valutazione della fondatezza dell’appello e una simile valutazione non può mai essere sommaria: per ciò stesso non libera affatto il tempo dei giudici, ma rischia di impiegare il doppio delle risorse.

Rileva come troppo spesso in questi ultimi anni si siano avuti interventi frammentari sul processo civile che hanno avuto come conseguenza di essere rapidamente eliminati, portando a effetti destabilizzanti sul sistema della tutela processuale dei diritti. Basterebbe pensare all’inutile udienza di scambio delle memorie (cosiddetta “udienza dello scambio di cioccolatini”), ai sensi dell’articolo 180 del codice di procedura civile, introdotta nel 1995 e soppressa nel 2006; al processo societario e all’estensione del rito del lavoro alle controversie per il risarcimento stradale, introdotti rispettivamente nel 2004 e nel 2006, e abrogati nel 2009; all’inappellabilità delle sentenze sull’opposizione all’esecuzione, prevista nel 2006 ed abrogata nel 2009; all’inammissibilità del ricorso per cassazione per insufficienza dei “quesiti”, ai sensi dell’articolo 366-bis del codice di procedura civile, escogitata nel 2006 e soppressa nel 2009; all’estinzione dei giudizi di impugnazione pendenti da oltre due, poi tre, anni, imposta dall’articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ed abrogato dall’articolo 14 del decreto legge n. 212 del 2011, convertito con legge n. 17 febbraio 2012, n. 10. Una situazione paradossale che dovrebbe suggerire maggiore prudenza sia nell'attuazione del “tribunale delle imprese", di cui si temono gli effetti paralizzanti sugli uffici giudiziari interessati, che nei confronti dell’articolo 348-bis del codice di procedura civile, contenuto nel decreto legge sviluppo.

Sottolinea come si tratti di innovazioni che dovrebbero essere assistite da ragionevolezza e prudenza piuttosto che dai criteri di necessità ed urgenza propri del decreto legge, criteri in realtà smentiti dalla stessa formulazione dell’articolo 54 che differisce l'entrata in vigore al trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.

Ricorda come siano ben note le ragioni storiche che rendono intollerabile la condizione degli uffici giudiziari in grado d'appello. Come è stato autorevolmente osservato, il tracollo delle corti di appello deriva dalla istituzione del giudice unico, che ha determinato la confluenza in questi uffici delle impugnazioni contro i provvedimenti dei tribunali e delle soppresse preture, dalla competenza per la liquidazione dell’indennità per irragionevole durata del processo, per la quale, in alcuni distretti, il relativo contenzioso supera, in percentuale, quello ordinario, dalla previsione dei reclami in materia familiare e fallimentare, che implicano la predisposizione di corsie preferenziali; e si attende ancora l’impatto degli appelli nelle materie nelle quali il procedimento sommario di cognizione è imposto dalla legge. Non può quindi essere condivisa un’impostazione che introduca modifiche consistenti al rito ordinario e sia invece molto timida nella modifica della legge Pinto e soprattutto nell'auspicata limitazione della fase giurisdizionale alla contestazione del quantum del risarcimento operato in via amministrativa. Né l'argomentazione più volte utilizzata a supporto del filtro in appello, per cui nel 68 per cento degli appelli si avrebbe la conferma della sentenza di primo grado, può avere qualche valore. Anche perché questo dato pare avere elementi di positività in sé. Né valore può avere la circostanza che questi filtri esisterebbero anche in altri paesi europei come la Germania od il Regno Unito, per la profonda diversità che connota i diversi sistemi di Commonwealth law e civil law.

In Germania infatti il giudizio di appello è strutturato come anello di congiunzione tra il primo grado e la Corte Suprema, quest'ultima prevista solo per le cause che presentino una questione di significato fondamentale o che rappresentino per la Corte stessa un’occasione per assicurare uniformità nella giurisprudenza. Il giudizio di appello è costruito come un giudizio di revisione ed il giudice sarà tendenzialmente vincolato agli accertamenti in fatto compiuti in primo grado, con lo scopo di controllare se siano stati commessi errori in primo grado. E’ previsto un filtro per le cause al di sotto di 600 euro. E’ prevista una valutazione di ammissibilità relativa al fatto che il collegio deve essere "unanimemente" convinto che non vi sia alcuna prospettiva di successo. Al giudice d'appello viene concesso un ampio grado di apprezzamento nella rinnovazione degli accertamenti compiuti in primo grado.

Nel Regno Unito vi è una varietà procedimentale anche dell'appello in relazione alla natura specifica del procedimento ed alla materia trattata. In ogni caso è previsto l’istituto della previa autorizzazione che può essere rilasciata dal giudice di primo grado. Non è previsto il contraddittorio e benché il diniego non sia impugnabile, l’istanza può essere reiterata dinnanzi alla corte d'appello e nel caso di rigetto può essere ulteriormente riproposta innanzi ad un giudice dell'appello.

La circostanza dell'assorbimento delle energie di tanti giudici per la sola fase di ammissibilità sta inducendo nel Regno Unito molte critiche al sistema dei filtri. Occorre quindi rilevare l'inidoneità del filtro a "liberare" il tempo dei giudici ma anzi il rischio di assorbire ulteriori energie.

Esprime perplessità ancora maggiori con riferimento all’innalzamento dei costi che si determinerà con il ricorso per saltum in cassazione ed al rischio di ingiustizie che un filtro costruito su una ampissima discrezionalità, su una motivazione succinta e sulla non impugnabilità ovviamente comporta in dispregio dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione dei diritti dell' uomo e delle libertà fondamentali.

Se infatti è vero che la mancanza dell’appello di per sé non contrasta con detti principi è anche vero, come precisato dalla CEDU, che una volta che l'appello sia stato previsto negli Stati esso non può non avere le caratteristiche di limitata discrezionalità previste nel paese e quindi quelle in Italia disciplinate dall'articolo 111 della Costituzione.

Si è osservato che, in primo luogo, l’obiettivo di accelerare il giudizio di appello era stato perseguito in modo più razionale appena qualche mese fa, con l’introduzione della possibilità di applicare anche in secondo grado il modello decisorio a seguito di trattazione orale (art. 281-sexies c.p.c.). Senza attendere l’impatto pratico, che non può essere evidentemente valutato nell’arco di pochi mesi, delle modifiche degli articoli 351 e 352 del codice di procedura civile, introdotte dalla legge n. 183 del 12 novembre 2011 ed entrate in vigore alla fine di gennaio del 2012. Norme che consentirebbero un canale breve per decidere gli appelli manifestamente fondati o infondati, molto più efficace del filtro e che potrebbe non funzionare solo a causa della situazione di "ingolfamento" delle corti di appello. Ingolfamento che rende inapplicabile ed inauspicabile qualsiasi intervento processuale che non sia accompagnato da interventi organizzativi e di innesto di risorse nuove.

La scelta di individuare il parametro del giudizio di ammissibilità in una prognosi di probabilità di rigetto à assai diversa da quella compiuta nei paesi in cui è applicato il filtro, ove invece il parametro attiene all'importanza della questione ed a formule più rigide quali la "manifesta carenza di qualsivoglia prospettiva di successo" (come in Germania). Il parametro della "ragionevole probabilità di rigetto" presenta caratteristiche di genericità ed indeterminatezza che non possono non entrare in conflitto con il principio CEDU per cui, una volta che venga riconosciuto da uno Stato un grado di impugnazione in appello, esso non può essere governato da valutazioni eccessivamente discrezionali.

La previsione della non ricorribilità dell'ordinanza di inammissibilità e la contestuale previsione della cosiddetta doppia conforme introducono un principio di omissione di controllo sull'operato del giudice, affidato peraltro alla decisione dello stesso, che introduce un vulnus nel sistema assai pericoloso. Vulnus che non ha uguali nei sistemi processuali a cui la riforma sembra essersi ispirata. In Germania, infatti, contro l’ordinanza di inammissibilità è previsto il reclamo alla Corte di revisione, ed inoltre essa va motivata e non succintamente. A seguito di una pronuncia di incostituzionalità è stato infatti reintrodotto nel 2011 il reclamo anche per la assoluta difformità sul territorio nazionale che l’applicazione del principio aveva prodotto.

Nel Regno Unito la garanzia contro la discrezionalità è data da un meccanismo molto farraginoso che prevede addirittura tre diverse istanze e che ha da ultimo fatto dubitare sulla convenienza in termine di risparmio di risorse umane .

Ritiene peraltro evidente che l'eccessiva discrezionalità, la motivazione succinta e la non reclamabilità dell'ordinanza si tradurranno in un incentivo al ricorso in massa al ricorso per cassazione previsto per saltum, a parte gli effetti scoraggianti dei costi del contributo unificato che però introducono inaccettabili elementi di censo nell'accesso alla giurisdizione. Ed a questo proposito va rimarcata la inopportunità dell’estensione della disciplina al rito del lavoro, per l’ontologica diversità di forza economica tra le parti.

Assolutamente irragionevole appare poi il regime delle eccezioni all'applicabilità del filtro per il giudizio sommario di cognizione, se non come forma di incentivo ad un giudizio che è stato poco utilizzato spontaneamente e che oggi a seguito della sua obbligatorietà per alcuni tipi di controversie è suscettibile di "pesare" in modo assai rilevante sulle Corti per il carattere aperto dell'appello relativo al procedimento sommario. Peraltro, la deroga in qualche modo ammette l’impossibilità di far vivere il sommario senza un grado di appello pieno e ciò a dispetto della previsione del sommario in unico grado previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2011.

Infine, come già accennato, ritiene inopportuna l'estensione di questo filtro anche al processo del lavoro perché inserisce ulteriori elementi di genericità ed indeterminatezza in una materia percorsa in questi ultimi tre anni da interventi profondi sia sulla disciplina sostanziale che processuale (si pensi, a titolo esemplificativo, al cosiddetto “collegato lavoro”e al nuovo articolo 18 sui licenziamenti) che consiglierebbero di ridurre ogni elemento di eccessiva discrezionalità in attesa che si formi una nuova giurisprudenza consolidata sulle profonde innovazioni intervenute. Ciò nell’interesse della prevedibilità delle decisioni che dovrebbe essere assunto come vero ed efficace filtro in ciascun grado di giudizio.

Rileva con rammarico come l'intervento del Governo non riesca a sottrarsi a questa tendenza anche nelle modifiche al ricorso per Cassazione. A seguito della introduzione del filtro in cassazione del 2009, una più rigorosa applicazione dei principi renderebbe inutile il ricorso al filtro, peraltro insuscettibile di risolvere il problema dell'arretrato già accumulato. Non può essere condivisibile l'eliminazione del sindacato sulla contraddittoria motivazione, mentre forse occorrerebbe lavorare di più sulla insufficiente motivazione che rappresenta tradizionalmente il canale attraverso il quale si tenta di allargare le maglie del ricorso per cassazione. In ogni caso non pare opportuna la nuova formulazione dell'omesso esame che lungi dall’eliminare elementi di confusione rischia di aggiungerne di nuovi ed in qualche modo rafforza la ricorribilità per vizio di motivazione .

Assolutamente non condivisibile considera poi l'introduzione della doppia conforme che impedisce il ricorso in cassazione ex articolo 360, n. 5, del codice di procedura civile nei casi in cui il giudice d'appello abbia motivato con le medesime ragioni di fatto della sentenza impugnata. Questo meccanismo consente, esattamente come l'ordinanza d’inammissibilità non reclamabile, di immaginare una "zona franca" per il giudice che viene sottratto al regime dei controlli giurisdizionali. Basterà ad un giudice scegliere di motivare con il meccanismo della doppia conforme ovvero emettere ordinanza di inammissibilità per sottrarre il suo provvedimento a qualsiasi forma di verifica. Occorre pertanto o procedere ad uno stralcio di queste norme sulla impugnazione ovvero prevedere criteri diversi per avere un effetto deflativo nel rispetto del principio per cui "se l’efficienza della composizione della singola controversia non deve perdere di vista l’efficienza nella gestione della massa dei processi, la gestione della massa dei processi non deve perdere di vista che lo scopo di ogni singolo processo civile è la giusta composizione della controversia entro un termine ragionevole".

*Giulia BONGIORNO, presidente, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.45.