20/05/11 Pisa

Organizzato dalla Sezione di Pisa dell'Osservatorio sul diritto di famiglia, con l'intervento dei Magistrati del Tribunali di Pisa maggiormente impegnati nella materia, si è tenuto a Pisa il 20 maggio 2011 un convegno sul contributo di mantenimento e sull'assegno divorzile. Si pubblicano il programma e le relazioni.

Relazione della Dr Milena Balsamo by Milena Balsamo
Relazione del Dr. Salvatore Lagana by Salvatore Lagana
Relazione del Dr. Salvatore Lagana' by Salvatore Lagana\'
Relazione della Dr Maria Sanmarco by Maria Sanmarco
Il programma by Osservatorio Pisa

Relazione della Dr Maria Sanmarco

Ringrazio il prof. Cecchella e gli organizzatori di questa giornata di studio e di approfondimento per aver ritenuto utile l’ intervento di questo giudice che si interessa del settore famiglia sia nella fase presidenziale che in quella della trattazione dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzi e di quelli congiunti, oltre che dei procedimenti di volontaria giurisdizione collegati al settore della famiglia;

ringrazio i partecipanti per la fiducia che mi hanno dimostrato e spero di poter offrire il contributo della mia esperienza e della mia conoscenza della materia, da poco formata per i miei trascorsi penalistici , che mi hanno portato a conoscere patologie della famiglia di diverso spessore e di particolare allarmanza, ma della quale, spero, di avere già iniziato ad acquisire il sentimento

saluto e ringrazio il Presidente con il quale condivido una delle fasi dei procedimenti di separazione e divorzio e che ha già introdotto e diffusamente parlato sul tema del mantenimento con riguardo specifico a quello dei figli; il mio intervento quindi si concentra sul mantenimento del coniuge e soprattutto sulle problematiche che vengono ad essere affrontate nella fase presidenziale.

Devo premettere che , benché la novella del 2006 abbia sostanzialmente demarcato le due fasi della trattazione del procedimento assegnando alle memorie integrative dell’art. 709 cpc un portato sovrapponibile a quello della citazione e della comparsa di costituzione, modulando le attività processuali delle parti e segnando le preclusioni temporali per la enunciazione della domanda , che può essere arricchita altresì da nuovo petitum ( esempio quello di addebito ) e della domanda riconvenzionale , superando quindi le precedenti incertezze e le diversità delle prassi adottate dai diversi uffici giudiziari , la fase presidenziale non ha perso affatto di contenuto visto che è proprio in essa che il procedimento contenzioso in genere può avviarsi ad una sua soluzione concordata e che, quella della comparizione dei coniugi , è la fase più critica sotto il profilo emotivo per le parti che sono comprensibilmente preoccupati per il loro nuovo assetto personale ed economico ( quello delle disposizioni di contenuto economico per i soli coniugi è di fatto lo zoccolo duro dei procedimenti di separazione: la mia esperienza mi ha portato infatti a verificare che , mentre sui provvedimenti anche economici che concernono i figli i coniugi riescono a giungere ad un accordo in fase presidenziale, è ben difficile che siano remissivi sull’assegno di mantenimento o quello divorzile, diventando detto aspetto il terreno di scontro per risolvere problemi di natura squisitamente interpersonale dove ancora confluiscono rivalse ed animosità non sempre risolte dal periodo di separazione)

Ciò dico in quanto, benché l’art. 706 attuale formulazione del cpc e l’art. 4 della legge sul divorzio non richiedono, per il ricorso introduttivo – e di conseguenza per la memoria difensiva di costituzione del resistente nella fase presidenziale - altro che la esposizione dei fatti sui quali la domanda di separazione o di divorzio è fondata e la indicazione dell’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati durante il matrimonio, di fatto , laddove la conciliazione fallisca ed altrettanto fallimentare sia lo forzo del Presidente di indurre i coniugi a trovare un accordo, da parte del Presidente la adozione di provvedimenti provvisori ed urgenti di natura economica può divenire difficoltosa e, a meno di tradire il requisito della urgenza, richiede al giudice di eseguire senza indugio valutazioni che possono essere anche incisive e che i connotati di stringatezza del ricorso non aiutano certo a effettuare con cognizione di causa.

In vista, dunque della adozione dei provvedimenti provvisori ed urgenti – e spesso è urgente il riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del coniuge più debole - mi sembra poco soddisfacente il poter differire la completa enunciazione del petitum e della causa petendi della separazione, legittimando come detto l’art. 709 cpc la proposizione nella fase contenziosa di domande che hanno e possono avere un riflesso immediato anche sulla attribuzione dell’assegno di mantenimento , alle memorie integrative ;

a mio avviso quindi, lungi dal richiedere che il ricorso si diffonda, come in alcuni casi ho visto , nella minuziosa enunciazione delle cause che hanno portato alla decisione del ricorrente di adire il giudice per la separazione, sarebbe utile che fino dalla fase introduttiva il giudice abbia una visione più completa delle scelte processuali delle parti e delle domande che le stesse andranno a svolgere, ciò non già per anticipare decisioni ma solo per evitare di assumere provvedimenti che non siano rispondenti alle reali esigenze delle parti e magari destinati ad essere a breve oggetto di modifica.

Vero è che molti degli elementi che il Presidente utilizza per i provvedimenti provvisori possono essere tratti dalle dichiarazioni delle parti, ma altrettanto vero è che per potere determinare le sue decisioni, che devono essere provvisorie ma non per questo superficiali a mio avviso è bene che le parti offrano un quadro il più esaustivo possibile, anche attraverso le allegazioni reciproche che poi si tradurranno in argomenti di prova , sia per soddisfare il meccanismo della non contestazione - che non capisco perché dovrebbe essere escluso in questa fase che già inizia contenziosa - sia per consentire al giudice provvedimenti congruenti con le situazioni verificabili visto che, come è noto, la modifica da parte dell’istruttore dei provvedimenti provvisori soggiace ai limiti della sopravvenienza di fatti nuovi non potendo tradursi nella rivisitazione del provvedimento assunto in fase presidenziale.

Credo pertanto che la accuratezza nella esposizione dei fatti giustificativi delle domande enunciate in ricorso sia una esigenza insopprimibile perché la risposta del giudice sia adeguata e conforme alle reali esigenze delle parti anche considerando , e questo mi riporta alla esigenza di completezza che ho prima sottolineato, che in tema di separazione , la norma dell’art. 156 c.c. sancisce il diritto all’assegno di mantenimento a vantaggio del coniuge al quale non sia addebitabile la separazione , dal che farei discendere la opportunità , anche al fine di negare l’assegno, che già il Presidente possa almeno valutare il fumus della addebitabilità prima di determinarsi nelle sue scelte.

SULL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Venendo quindi al tema che mi sono assegnata , e cioè la problematica dell’assegno di mantenimento e quello divorzile in favore del coniuge nella fase che si conclude con i provvedimenti provvisori ed urgenti, ricordo che parte della dottrina, quanto alla separazione, ha affermato che il diritto del coniuge separato al mantenimento altro non è che la prosecuzione naturale degli obblighi che scaturiscono dai doveri coniugali di natura strettamente economica, quali sono il dovere di assistenza materiale e di contribuzione ( anche la cassazione del 96 aveva stabilito tale continuità ) ; più di recente si è invece affermato che l’obbligo di mantenimento è ontologicamente diverso da quello di contribuzione durante la convivenza, che sopperisce ai bisogni della famiglia, in quanto volto a fare fronte ai bisogni del coniuge più debole ed ad accompagnarlo nel traumatico passaggio verso la separazione.

Tutta la giurisprudenza , di merito e di legittimità, per vero assai nutrita ed amplissima che si è formata negli ultimi tempi, va tutta verso questa seconda prospettiva , argomentando intanto dal lato letterale dell’art. 156 C.C. che si richiama esplicitamente alla adeguatezza dei redditi del coniuge e riconoscendo all’assegno di mantenimento proprio la funzione di equilibrare l’assetto economico dei coniugi e renderlo il più possibile simile a quello che ha connotato la convivenza.

Da ciò discende che, per al fine di stabilire se assegno di mantenimento sia dovuto, occorre prioritariamente valutare il tenore di vita e solo successivamente esaminare se il coniuge che ne fa richiesta è in grado con le sue proprie risorse di conservarlo indipendentemente dall’assegno: in caso contrario si dovrà procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici di ciascun coniuge al momento della separazione ( laddove per mezzi economici non ci si deve riferire solo al reddito da lavoro o da impresa che ciascuno è in grado di esprimere ma all’intera situazione patrimoniale) apprezzando il contesto sociale nel quale i coniugi hanno vissuto durante il matrimonio.

L’art. 156 , a differenza dell’art. 5 della legge sul divorzio che enumera e specifica tutta una serie di situazioni che il giudice deve apprezzare per stabilire se il richiedente non abbia mezzi adeguati o non sia per ragioni oggettive in grado di procurarseli, postula, per la determinazione dell’entità dell’assegno, il ricorso da parte del giudice alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato :

l’indagine del giudice è quindi duplice: dapprima si deve valutare l’esistenza del diritto a ricevere quanto è necessario al mantenimento con il parametro della adeguatezza del reddito del richiedente e quindi in concreto determinarlo tenendo conto a questo punto dei redditi dell’obbligato e delle circostanze.

Il diritto sorge dunque quando il richiedente non può contare su redditi che gli consentano di mantenere il tenore di vita goduto durante il matrimonio e vi sia una disparità tra la posizione dei coniugi: è pacifico che per inadeguatezza non si deve intendere la mancanza di mezzi economici necessari per la sopravvivenza, ma piuttosto che la complessiva situazione, per effetto della separazione, risulti peggiorata rispetto al tenore di vita godibile durante il matrimonio e che esista una disparità.

Il tenore di vita cui si deve fare riferimento non è solo quello effettivamente goduto dal coniuge avente diritto al mantenimento ma anche quello che potenzialmente la famiglia avrebbe potuto permettersi, e quindi non il tenore di vita che i coniugi hanno scelto di imporsi o che è stato subito: occorre riferirsi quindi allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse dei coniugi , tenendo presenti le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, capacità di spesa, garanzie di benessere ed aspettative per il futuro prevedibili in ragione dell’assetto economico della famiglia.

del rilievo della assegnazione della casa familiare il Presidente ha già parlato , val la pena qui di ricordare che detta evenienza ha un valore solo nella ipotesi in cui la coppia abbia figli, visto che la novella del 2006 ha chiaramente collegato la assegnazione della casa familiare alle necessità dei figli, minori o maggiorenni non autonomi,non essendovi materia per decidere in caso di coppie senza figli o con figli autonomi.

Il problema che connota dunque il primo impatto dei coniugi con la separazione è quello di riuscire a rappresentare fino dalla fase Presidenziale la situazione della famiglia ed a documentare l’assetto economico, visto che quella presidenziale non può ritenersi la sede deputata allo svolgimento di una attività istruttoria penetrante che, pur non essendo inammissibile, stride con la necessità di portare velocemente il procedimento verso la decisione del Collegio e con la natura solo provvisoria dei provvedimenti ex art. 708 cpc.

Ogni elemento utile va perciò portato all’attenzione del giudice della fase provvisoria della separazione pur nel diritto della parte di arrivare alla piena discovery con le memorie integrative e con le successive memorie istruttorie,considerando che un appesantimento della fase presidenziale , in taluni casi, quando ad esempio urge assumere provvedimenti sui figli, può non essere opportuna: per ciò che riguarda il ns Tribunale devo dire che, in sintonia con il Presidente, si evita di disporre già nella I fase un accertamento di natura fiscale, che non a caso in ipotesi di divorzio l’art. 5 riserva al Tribunale “ in caso di contestazioni” e men che meno una CTU che non appartiene, così come altri mezzi di indagine, alla fase sommaria;

ricordo comunque che, posto che la previsione dell’art. 156 cc ancora il diritto all’assegno alla inadeguatezza dei redditi della parte che lo richiede, ricade su questa l’onere probatorio della dimostrazione sia della inadeguatezza sua propria sia dei redditi della controparte, sempre nella ampia concezione di redditi che viene orami ritenuta dalla Giurisprudenza della S.C. come situazione complessiva dell’obbligato nella quale confluiscono non solo i redditi da lavoro, ma anche la disponibilità di un immobile o la possibilità di fruire di un immobile della famiglia, eventuali aiuti dei familiari che erano in corso con continuità e sistematicità durante il matrimonio, tale da poter influire in maniera stabile sul tenore di vita della famiglia,la disponibilità di beni immobili che, benché improduttivi di reddito, risultano patrimonialmente rilevanti.

Quanto al valore delle dichiarazioni dei redditi, il diritto vivente si sta orientando nel senso di ritenere le emergenze documentali di natura fiscale ben superabili da elementi di segno diverso prodotti dalla controparte, e comunque non vincolanti per il giudice che , e questo accade soprattutto in tema di divorzio , per la finalità pubblicistica di detto istituto, conserva ampi poteri istruttori officiosi quando deve essere valutata la situazione reddituale dei genitori per determinare il contributo verso i figli ( ricordo a tale proposito che la quantificazione dell’assegno di mantenimento può essere eseguita non solo alla stregua del dato emergente dalle dichiarazioni dei redditi, giacchè queste, in una controversia che riguarda la attribuzione e quantificazione dell’assegno divorzile, non sono vincolanti per il giudice che potrà ben attingere anche ad altri elementi di prova.

Certo è che, sul piano concreto, in fase presidenziale sono soprattutto tali documenti che possono offrire un parametro di riferimento della inadeguatezza dei redditi di chi chiede il mantenimento, che quindi dovrà farsi carico anche di allegare e dare segnali della migliore posizione dell’altro e del tenore di vita in costanza di matrimonio.

È peraltro evidente che le difficoltà probatorie che possono rinvenirsi nelle ipotesi in cui la coppia discuta solo di assegno reciproco sono di fatto superate ove materia della contesa sia anche il riconoscimento dell’assegno per i figli , ciò che consentirà al Presidente di potersi avvalere dei mezzi di indagine officiosi che sono previsti proprio per le finalità pubblicistiche dell’intervento del giudice nell’abito dei provvedimenti che riguardano i figli.

SULL’ASSEGNO DIVORZILE

Passando poi alla determinazione dell’assegno divorzile, che viene disciplinato dall’art. 5 della legge del 1970, come successivamente modificata nel 1987, ricordo che secondo l’orientamento prevalente della S.C. anche la attribuzione dell’assegno divorzile è subordinato alla mancanza di mezzi adeguati cioè alla inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso ovvero che poteva ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative esistenti nel corso del rapporto matrimoniale ( Cass. 15610 del 2006 e 25436 del 2007 ); a questo fine il tenore di vita deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi rilevando l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche che devono tendenzialmente essere ripristinate.

Si dice dunque che per determinare il diritto all’assegno si deve svolgere un accertamento bifasico ( ex multis Cass. 4040-2003, 18421-2006, 15610-2007) : prima il giudice deve verificare in astratto l’esistenza del diritto in relazione alla inadeguatezza dei mezzi o alla impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello del matrimonio o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate durante il permanere del vincolo, fissate al momento del divorzio. Poi il giudice procederà a determinare in concreto l’assegno in base ai criteri indicati dall’art. 5 , quali le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale e economico che ciascuno ha dato alla conduzione della famiglia ed a formare il patrimonio di ciascuno dei coniugi e della famiglia , del reddito di entrambi i coniugi, , valutati in relazione anche alla durata del matrimonio, ( e ricordo una recente sentenza della S.C. la 7601 del 2011 che ribadisce come il giudice non debba valutare e motivare su tutti i parametri, essendo sufficiente che apprezzi anche solo uno degli stessi e dia conto delle ragioni della decisione) che agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto e che potrebbero in astratto anche azzerarla quando la conservazione del tenore di vita finisca per risultare incompatibile con gli elementi di quantificazione dell’art. 5.

Non appartiene strettamente alla materia che tratto il problema della decorrenza dell’assegno divorzile : ricordo solo che anche di recente la S.C. ha ribadito che quello del tribunale di farlo decorrere dalla domanda piuttosto che dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, come previsto dal comma 13 dell’art. 4 L.Div. nella sia attuale formulazione ( Cass. 2011 n.1613) è un potere discrezionale che può essere esercitato a prescindere da una apposita richiesta della parte e che esso rappresenta un temperamento del principio secondo cui l’assegno divorzile, che trova la sua fonte nel nuovo status delle parti, rispetto alle quali la sentenza ha valore costitutivo, decorre dal passaggio in giudicato della pronuncia di risoluzione del vincolo coniugale. È tuttavia importante ricordare che per il rinvio operato dalla legge sul di divorzio all’art. 189 disp. Att. l’ ordinanza presidenziale è titolo esecutivo e legittima dunque, in ipotesi di inadempimento de coniuge obbligato alla somministrazione dell’assegno , la esecuzione forzata.

Quanto poi ai rapporti tra assegno divorzile ed assegno fissato con la separazione, va ricordato che la diversità dei requisito cui è subordinata la attribuzione dell’assegno divorzile ( di natura assistenziale come ormai diffusamente ritenuto dopo l’intervento delle SS.UU del 1990) rispetto all’assegno di mantenimento non esclude la possibilità di tenere conto dell’assetto economico stabilito al momento della separazione quale utile elemento di valutazione nel contesto degli ulteriori elementi presuntivi eventualmente emersi che possono costituire oggetto di apprezzamento in favore della parte istante anche in assenza di prova da parte di quest’ultima delle condizioni richieste per la attribuzione dell’assegno ( inadeguatezza della sua situazione ed impossibilità oggettiva di procurasi i mezzi per conservare il pregresso tenore di vita) in virtù del principio di acquisizione in base al quale le risultanze istruttorie comunque acquisite concorrono alla formazione del convincimento del giudice( Cass. 11575-2001 , 1203-2006, 25010-2007)

Così stando le cose, essendo l’assegno divorzile ispirato sempre alla conservazione del tenore di vita,e motivato dalla inadeguatezza delle condizioni di chi lo richiede a mantenerlo ovvero alla impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi per conservarlo, deve essere rilevato come , in sede di divorzio, agli elementi che indicano la strada per ricostruire la situazione patrimoniale dei coniugi, si deve aggiungere l’esistenza di una nuova convivenza, che possa rappresentare per uno dei coniugi fonte di sostegno economico e di figli nati dalla nuova unione che impongono al coniuge separato di provvedere al loro mantenimento;

il coniuge che assume di avere diritto all’assegno dovrà quindi dimostrare il dato del passato e la fascia di appartenenza socio economica della coppia, e lo stile di vita adottato durante il matrimonio e la situazione attuale al momento della domanda tale da non consentire la conservazione di quello stile di vita per non essere possibile procurarsi mezzi idonei a conservarlo.

La autosufficienza economica non basta quindi ad escludere il diritto all’assegno se essa non è tale da mettere in condizione la parte debole di conservare il precedente tenore di vita.

l’eventuale miglioramento delle condizioni reddituali e patrimoniali del coniuge che si assume essere il più forte ha in tal senso una sua particolare valenza, dovendosi chiedere se detto miglioramento rappresenti il naturale e normale sviluppo di potenzialità esistenti durante il matrimonio che quindi erano già entrate nelle previsioni dei coniugi fondando aspettative per la famiglia, ovvero siano collegate a situazioni sopravvenute imprevedibili successive alla cessazione della convivenza.

Con ciò si vuole dire che l’accertamento del giudice del merito in ordine alle condizioni economiche dei coniugi ed al reddito di entrambi deve essere compiuto, non in astratto, bensì in concreto; pertanto, detto giudice non può basare la propria decisione su un mero apprezzamento probabilistico, non fondato su dati realmente esistenti con riferimento alla specifica fattispecie ( ex multis Cass. 7145-2010, 20582-2010 ) e che quindi ogni analisi va fatta sulla base di principi di effettività e di concretezza.

Anche in tema di divorzio, dunque, per quello che attiene alla fase presidenziale, sarà opportuno ed utile che una buona serie di informazioni documentali possa essere fornita fino dalle battute iniziali del procedimento, posta la doverosità, testuale , della produzione delle dichiarazioni dei redditi , relative quanto meno all’ultimo triennio se non quelle anteriori se utili ad apprezzare, a titolo esemplificativo, l’intervenire di situazioni particolari ( penso alla parte titolare di reddito di impresa colpita da situazioni verificabili di perdita di utili o alle parti che vengono al divorzio dopo un lungo periodo di separazione ) e soprattutto una indicazione il più possibile precisa del tenore di vita che ha contraddistinto il matrimonio , da tenere quale parametro della inadeguatezza, attuale, a conservarlo a fronte di una domanda di assegno..

La casistica porterebbe ad una esposizione ben oltre i tempi a me concessi e soprattutto ben oltre la soglia di attenzione dei partecipanti che ulteriori spunti per un confronto ricaveranno anche dalla successiva relazione della dottoressa Balsamo: torno comunque a rappresentare come l’epilogo della fase presidenziale sia quello della assunzione di provvedimenti provvisori ed urgenti, per loro natura quindi destinati ad una possibile modifica e , se di contenuto squisitamente economico in relazione alla posizione dei soli coniugi, volti a sopperire a situazioni di effettivo disagio economico per chi richiede il sostegno dell’altro.

Ne discende una esigenza di tempestività della pronuncia del giudice alla quale ritengo debba essere sacrificata la comprensibile volontà delle parti di anticipare all’udienza presidenziale lo svolgimento di attività istruttorie tipiche che , a mio avviso, nella fase in questione, potranno solo essere abbozzate dalle parti con le rispettive allegazioni ed argomentazioni sulle prove da poter svolgere in fase di merito, quanto meno per mettere in tavola le carte che i coniugi ritengono di avere a disposizione ed intendono giocare a tutela delle proprie ragioni nella pienezza del contraddittorio che contraddistingue, come ho rilevato in premessa del mio intervento, la fase che si svolge innanzi all’istruttore.

Grazie a tutti per la attenzione.