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Minore senza difesa

Cassazione - Sezione prima - sentenza 26 maggio - 14 luglio 2010, n. 16553

Presidente Vitrone - Relatore Dogliotti

Svolgimento del processo

Con decreto del Tribunale per i minorenni di Milano in data 4-7-luglio 2007, si apriva procedimento per la dichiarazione di adottabilità di D. L. O. S., nato a omissis nel omissis, a seguito di richiesta del P.M.

Veniva disposta la sospensione dalla potestà della madre D. L. K., e nominato tutore del minore il Comune di omissis. Si costituiva in giudizio il Comune, con l’Avv. S. P., nella duplice veste di difensore del minore e del suo tutore. Con sentenza in data 15-22 ottobre 2007, il Tribunale dei Minorenni di Milano dichiarava lo stato di adottabilità del minore.

Interponeva appello D. L. K., chiedendo revocarsi la dichiarazione di adattabilità.

Il P.G. in udienza richiedeva la nomina di altro difensore, ritenendo irregolare la presenza di un unico difensore del minore e del suo tutore.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata in data 3-11-2008, dichiarava la nullità del procedimento per difetto di integrità del contraddittorio.

Ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, il P.G. presso la Corte d’Appello di Milano.

Non hanno svolto attività difensiva il tutore e la madre del minore.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente P.G. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 e 10 L. n. 184 del 1983, ed insufficiente, contraddittoria motivazione sull’asserita sussistenza di conflitto di interessi tra tutore e minore.

Con il secondo motivo, il P.G. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 e 10 L. 184 del 1983, e insufficiente, contraddittoria motivazione, sull’asserita invalidità non sanabile della costituzione del difensore nella duplice veste di difensore del minore e del tutore.

Il primo motivo va accolto e il secondo deve ritenersi assorbito.

Questa Corte ha avuto ripetutamente modo di pronunciarsi al riguardo (per tutte, Cass. n. 3805 e 3806 del 2010). Per una migliore intelligenza delle questioni prospettate, pare opportuno richiamare il quadro normativo di riferimento.

Ai sensi degli artt. 316, 2° comma e 320, 1° comma c.c., la potestà è esercitata da entrambi i genitori e questi rappresentano i figli minori in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. In caso di conflitto di interessi tra il figlio ed uno dei genitori, la rappresentanza spetta esclusivamente all’altro genitore; se il conflitto sorge tra il figlio ed entrambi i genitori, il giudice tutelare nomina un curatore speciale (art. 320, comma 6° c.c.); parimenti viene nominato un curatore speciale, quando i genitori non possono o non vogliono compiere uno o più atti nell’interesse del figlio (art. 321 c.c.); ancora, viene nominato un curatore al minore, emancipato di diritto con il matrimonio (art. 390 c.c.): sarà il coniuge, e, se entrambi gli sposi sono minori, il giudice tutelare nominerà un curatore, che potrebbe essere unico, scelto preferibilmente tra i genitori (art. 392 c.c.).

Nelle azioni di stato (disconoscimento di paternità, contestazione e reclamo di legittimità, impugnazione del riconoscimento di figlio naturale, e, in via soltanto eventuale, ricerca di paternità e maternità) nonché in relazione alla domanda di mantenimento da parte del figlio naturale (quando non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità) è prevista la nomina di un curatore speciale: il conflitto di interessi è evidentemente considerato in re ipsa.

Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare la potestà, viene nominato un tutore (art. 343 c.c.) che ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra il patrimonio (art. 357 c.c.). Il giudice tutelare nomina anche un protutore (art. 346 c.c.) che rappresenta il minore nei casi in cui vi è conflitto di interessi con il tutore. Se il conflitto si estende anche al protutore, si nomina un curatore speciale (art. 360 c.c.).

La tutela dei minori può essere affidata ad un ente di assistenza: l’amministrazione delega uno dei propri membri ad esercitare la funzione di tutela (art. 354 c.c.). In tal caso non si nomina il protutore (art. 355 c.c.). Si ritiene quindi che di regola non sussista conflitto di interessi con il minore, considerata la funzione pubblica dell’ente.

Va infine ricordata una norma di chiusura attinente al profilo processuale: ai sensi dell’art. 78 ss. c.p.c., se manca la persona cui spetta la rappresentanza (ad es. non vi sono i genitori, ma non si è ancora provveduto alla nomina di un tutore), può essere nominato un curatore speciale all’incapace; la nomina può essere richiesta dal P.M., ma pure dall’incapace, dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante legale.

Può dunque affermarsi che un curatore speciale viene di regola nominato quando non vi sia un rappresentante legale o sussista conflitto di interessi tra il minore e il rappresentante legale.

Venendo alla L. n. 184 del 1983, sull’adozione dei minori, come riformata dalla L. 149 del 2001, va considerato l’ultimo comma dell’art. 8, aggiunto dalla L. 149: il procedimento si svolge fin dall’inizio “con l’assistenza legale del minore, dei genitori e degli altri parenti (che abbiano mantenuto un rapporto significativo con il minore)”. Ai sensi dell’art. 10, commi 1° e 2°, L. 184, il Presidente del Tribunale per i Minorenni o un giudice da lui delegato, provvede all’apertura del procedimento, avverte i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di uno d’ufficio, ove essi non vi provvedano. Come si vede, nessun riferimento contiene la norma alla posizione del minore.

L’art. 17 l. 184, nella formulazione originaria, prevedeva la nomina di un curatore speciale del minore, all’atto della apertura del procedimento di opposizione al decreto di adottabilità; tale previsione non è stata mantenuta dalla L. 149 del 2001. L’unico riferimento al curatore speciale, contenuto nella disciplina vigente, si rinviene negli artt. 15 e 16 L. 184: la sentenza che pronuncia lo stato di adottabilità (o dichiara non luogo a provvedere) viene notificata, tra l’altro, al tutore e al curatore speciale del minore, “ove esistano”.

Va ancora ricordato che, ai sensi dell’art. 10 comma 3 L. 184, il tribunale può disporre in ogni momento e fino all’affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell’interesse del minore, ivi comprese, tra l’altro, la sospensione della potestà dei genitori, nonché dell’esercizio dell’ufficio di tutore, e la nomina di un tutore provvisorio.

La previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 8 L. 184, che introduce l’“assistenza legale” del minore fin dall’inizio del procedimento, ha notevolissima rilevanza, ed assai significativamente è stata inserita proprio nella disposizione che costituisce il nucleo fondamentale della normativa, con l’introduzione della nozione di abbandono. Essa acquista un’indubbia rilevanza generale, tale da incidere su natura e funzione dell’intera procedura: si realizza, fin dall’inizio il principio del contraddittorio, ed esso si estende pure alla posizione del minore; se si considera che viene pure esclusa l’officiosità della procedura (art. 9), muta profondamente il carattere della procedura stessa, che dovrebbe considerarsi contenziosa (le parti private contro il P.M.), seppur sui generis, fin dall’inizio (laddove, anteriormente alla riforma del 2001, solo il procedimento di opposizione al decreto di adottabilità presentava profili contenziosi).

È un punto di arrivo importante per un dibattito, assai vivace, che ha interessato in questi anni dottrina e giurisprudenza, sul ruolo dell’organo specializzato, spesso ad un tempo giudice e “difensore” dei diritti del minore e sui modi di una sua possibile “terzietà”, nonché (altra questione strettamente legata alla prima) sulla opportunità della rappresentanza del minore stesso nei procedimenti che lo riguardano: dibattito reso ancor più attuale da alcuni interventi del legislatore (la novella dell’art. 111 Cost. sul giusto processo; la ratifica di convenzioni internazionali sui diritti - anche processuali - del minore).

Tuttavia la previsione di un’“assistenza legale” del minore, fin dall’inizio del procedimento, senza, come si è visto, indicazione di modalità alcuna al riguardo (a differenza della posizione dei genitori o dei parenti), non significa affatto, come sostiene il giudice a quo, che debba nominarsi un difensore d’ufficio al minore stesso, all’atto della apertura del procedimento. Il minore è dunque parte a tutti gli effetti del procedimento, fin dall’inizio, ma, secondo le regole generali e in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo del rappresentante, e questi sarà il rappresentante legale, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto di interessi, un curatore speciale.

Anche se una prassi diffusa conduce il giudice, all’atto di apertura della procedura (ai sensi dell’art. 10, comma 3 L. 184), a sospendere la potestà in capo ai genitori e a revocare una tutela già esistente, si tratta, in ogni caso, di provvedimento a carattere discrezionale (e infatti il giudice “può” assumere ogni opportuno provvedimento nell’interesse del minore, dettato dall’esigenza di contrastare eventuali comportamenti idonei a determinare ed aggravare la situazione di abbandono). Dunque parrebbe potersi ipotizzare lo svolgimento di una procedura di adottabilità senza sospensione della potestà genitoriale, anche se in questo caso, il conflitto di interessi con il minore dovrebbe considerarsi in re ipsa: il procedimento trova infatti il suo presupposto proprio nell’inadempimento dei doveri genitoriali, ed è volto, seppur indirettamente, ove si accerti la sussistenza dell’abbandono, a sciogliere ogni legame del minore con la famiglia di origine, inserendolo in una nuova famiglia, quale figlio legittimo dei coniugi adottanti.

Potrebbe essere stata aperta, anteriormente all’instaurazione del procedimento, una tutela, in mancanza dei genitori o perché essi non erano in grado di esercitare la potestà. Trattandosi di parenti (non si deve dimenticare che se questi avessero accudito adeguatamente il minore, magari contrastando la posizione negativa dei genitori, mancherebbe il presupposto dell’abbandono e dell’apertura stessa della procedura di adottabilità), il conflitto di interessi potrebbe parimenti ravvisarsi, come per i genitori e per le medesime ragioni, in re ipsa. Rappresenterebbe allora il minore il protutore, e nel caso che il conflitto di interessi si estendesse a lui, si nominerebbe un curatore speciale.

Tuttavia potrebbe essere stato nominato, pur anteriormente, un tutore “neutro”, non coinvolto nei rapporti familiari (un professionista, avvocato, assistente sociale, ecc.), per il quale dunque, salvo accertamenti specifici, non sussisterebbe conflitto di interessi con il minore, e allora egli potrebbe rappresentare il minore stesso e nominare un difensore; se si trattasse di un avvocato, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., potrebbe stare in giudizio personalmente, senza il patrocinio di altro difensore, in rappresentanza del minore.

Ma, come è noto, assai più frequentemente, il giudice sospende la potestà genitoriale ovvero l’esercizio della tutela e nomina un tutore provvisorio (dunque, senza la presenza di un protutore). Alla luce della vigente normativa, riformata dalla L. n. 149, il tutore può essere nominato ad hoc nell’ambito della procedura per la dichiarazione di adottabilità, con il compito di rappresentare il minore. È vero che la sua funzione non si esaurisce nella rappresentanza nel procedimento, egli dovrà pure rapportarsi alla comunità in cui è collocato il minore, ovvero ai coniugi richiedenti cui il minore sia stato provvisoriamente affidato, e mantiene le sue funzioni, anche dopo la conclusione del procedimento di adottabilità, finché gli adottanti non diventino, a tutti gli effetti, genitori del minore. Ma è altrettanto vero che la rappresentanza nel procedimento costituisce il profilo di gran lunga più rilevante: il giudice nomina un tutore e lo sceglierà necessariamente tra soggetti privi di conflitto di interessi con il minore. Ancor di più, se nomina un ente territoriale: in tal caso, come si è visto, non è prevista la nomina di un protutore, perché si esclude anche potenzialmente un conflitto di interessi con il minore.

Non può quindi condividersi l’affermazione del giudice a quo per cui il tutore, pur se nominato nel corso del procedimento, quale ente territoriale, sarebbe, anche soltanto potenzialmente, sempre e comunque in conflitto di interessi con il minore.

Certo, in concreto, un conflitto potrebbe verificarsi: si pensi ad una Comune la cui politica assistenziale privilegi l’affidamento familiare, come alternativa all’adozione, e quindi sia tendenzialmente contrario alla dichiarazione di adottabilità. Ma si dovrebbero fornire indicazioni specifiche e concrete al riguardo. Ciò, sulla base dell’orientamento di questa Corte (al riguardo, Cass. n. 13507 del 2002) per cui la verifica del conflitto va fatta ex ante, e non a posteriori, in relazione agli atteggiamenti assunti dalle parti in causa.

Né può condividersi altra affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la sussistenza di un conflitto (ancorché potenziale) sempre e comunque tra tutore e minore, in quanto, nella disciplina previgente, era obbligatoria la nomina di un curatore speciale, pur in presenza del tutore nel procedimento. Già il richiamo alla disciplina previgente, e non a quella attuale, indica l’erroneità dell’argomentazione. Come si è detto, nella disciplina anteriore, il principio del contradditorio e l’assistenza del difensore operavano soltanto in quel particolare (ed eventuale) segmento del procedimento, costituito dal giudizio di opposizione al decreto di adottabilità. Il tutore provvisorio (quando ritenuto opportuno) veniva in genere nominato anteriormente, durante la procedura che conduceva alla dichiarazione di adottabilità: con l’emissione del decreto relativo, che veniva opposto, mutavano radicalmente la posizione del tutore ed i suoi poteri: ciò giustificava evidentemente la nomina di un curatore nel procedimento, nonostante la presenza del tutore. La riforma del 2001, come si diceva, non ha conservato la previsione di nomina di un curatore speciale, perché il procedimento è unico (ed è soppressa la fase di opposizione), e il tutore, se nominato, è investito fin dall’inizio della rappresentanza del minore.

Il tutore dunque sta in giudizio non in proprio, ma esclusivamente in quanto rappresentante del minore; in tale qualità gli viene notificata la sentenza che dichiara l’adottabilità o il non luogo a provvedere, e in tale qualità, egli è legittimato alla impugnazione ex art. 15 ss. L. n. 184.

È appena il caso di precisare che il curatore speciale, ove sia comunque nominato (quando il tutore non provvede alla nomina di un difensore, e non esiste il protutore, ovvero sorge conflitto di interessi tra tutore e minore), non riveste necessariamente la qualità di difensore (anche se nella prassi prevalente, a fini di semplificazione, si nomina un curatore, rappresentante del minore che, quale difensore, possa stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, ai sensi dell’art. 86 c.p.c.) e in tal caso provvederà alla nomina di una difensore.

Quanto finora osservato non esclude la rilevanza della posizione del minore, dei suoi intendimenti, delle sue aspirazioni nel procedimento di adottabilità. È prevista obbligatoriamente in vari momenti della procedura (e si tratta di uno dei profili più significativi, introdotti dalla L. n. 149 del 2001) l’audizione del minore che abbia compiuto gli anni dodici e pure di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Ma il minore, dotato del necessario discernimento, pure potrebbe chiedere la nomina di un rappresentante (tutore, curatore speciale) non ancora nominato, ovvero la nomina di un difensore, se il tutore o lo stesso curatore speciale, che non rivesta la qualità di avvocato, non vi provvedano tempestivamente. Ciò in piena aderenza al nostro diritto (art. 78 c.p.c.) e alla convenzione di Strasburgo sui diritti processuali del minore (art. 4).

Potrebbe chiedere il minore di essere sentito dal giudice o magari di conferire con il difensore, nominato dal tutore o dal curatore speciale. Né va sottaciuto che il minore che abbia compiuto i quattordici anni, deve manifestare espresso consenso alla adozione e potrebbe ben rifiutarlo, ove ritenesse di non essere stato adeguatamente rappresentato e difeso nel procedimento.

Va dunque cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione che deciderà, adeguandosi ai principi suindicati e pure si pronuncerà sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso: cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, che pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio di legittimità.