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Cassazione - Sezione seconda - sentenza 22 giugno - 2 agosto 2010, n. 18002

Presidente - Relatore Oddo

Ricorrente Valente e altri

Svolgimento del processo

Con ricorso del 10 luglio 1989, Mario Valente, premesso che il confinante Vincenzo Fedele aveva realizzato in Gaeta una piattaforma in cemento su uno scoglio di proprietà esso Valente ed aveva intrapreso la costruzione di uno stradello sempre sulla sua proprietà per collegare detta piattaforma alla spiaggia dell’Arenauta, domandò al locale Pretore la reintegra nel possesso dei suoi terreni e l’ordine di riduzione dei luoghi al pristino stato.

Il Fedele, con proprio ricorso del successivo 26 luglio 1989, chiese a sua volta al Pretore ex art. 700, c.p.c., di ordinare a Mario Valente ed al di lui figlio Giuseppe Valente di cessare ogni turbativa all’esercizio del passaggio da lui esercitato sullo stradello che, partendo dalla sua proprietà conduceva, attraverso un ponticello di legno, alla spiaggia dell’Arenauta.

Con sentenza del 6 luglio 1990, riuniti i giudizi, il Pretore rigettò il ricorso del Valente e, in accoglimento di quello del Fedele, ordinò ai Valente di cessare ogni turbativa al possesso dello stradello da parte del primo.

La decisione, appellata dai Valente, venne parzialmente riformata dal Tribunale di Latina, che, premesso che non vi era più traccia né stradello e né del ponticello e che entrambe le opere erano stare realizzate su terreno di proprietà demaniale, dichiarò Giuseppe Valente responsabile delle molestie arrecate al Fedele.

I Valente sono ricorsi con sette motivi per la cassazione della sentenza ed il Fedele ha resistito con controricorso e proposto un contestuale motivo di ricorso incidentale.

Motivi della decisione

A norma dell’art. 335, c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi proposti in via principale ed incidentale avverso la medesima sentenza.

Con il primo motivo, il ricorso principale denuncia la nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360, n. 3 e 4, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 158 e 161, c.p.c., e dell’art. 43 bis, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, avendo partecipato alla decisione e steso la relativa motivazione un giudice onorario, che l’ordinamento giudiziario esclude che possa essere destinato a supplire i giudici professionali nei collegi e, comunque, nei giudizi di appello.

Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 34 e 112, c.p.c., avendo dichiarato la proprietà demaniale della zona nella quale erano stati costruiti lo stradello ed il ponticello senza che le parti avessero formulato sul punto alcuna domanda.

Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, c.c., e dell’art. 115, c.p.c., nonché omessa e insufficiente motivazione, non trovando alcun riscontro nelle risultanze probatorie l’affermazione della costruzione dello stradello su terreno demaniale.

Con il quarto motivo, in relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132, 189 e 277, c.p.c., ed omessa e insufficiente motivazione, non essendosi pronunciata sulla domanda di Mario Valente di reintegra nel possesso del tratto di suolo di cui era stato spogliato e sulla richiesta di ordinare al resistente ridurre in pristino lo stato dei luoghi.

Con il quinto motivo, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 1145 e 2697, c.c., e 115, c.p.c., ed omessa ed insufficiente motivazione, avendo errato nel ritenere la sussistenza di un possesso del Fedele sull’area interessata dallo stradello.

Con il sesto motivo, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1145 e 2967, c.c., e dell’art. 115, c.p.c., ed omessa e/o insufficiente motivazione, avendo riconosciuto il possesso del Valente sullo stradello senza considerare che lo stradello era composto da due tronconi di roccia e la spiaggia non poteva essere raggiunta prima della realizzazione del ponticello e senza disporre per accertate la circostanza la chiesta c.t.u.

Con il settimo motivo, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1145 e 2697, c.c., e 115, c.p.c., ed omessa e/o insufficiente motivazione, non avendo considerato che dai verbali di delimitazione del demanio pubblico marittimo prodotti risultava che il troncone di roccia, separato dal baratro di tre metri, per superare il quale era stato realizzato il ponticello, insisteva su una particella di proprietà dei sigg. “Macchiavelli e Valente” e non del demanio.

Con l’unico motivo, il ricorso incidentale lamenta la violazione degli artt. 1145, 1170 e 2697, c.c., e dell’art. 115, c.p.c., e l’omessa e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione all’esclusione dello stradello dalla concessione demaniale rilasciata al Fedele ed all’ammissibilità e tempestività dell’azione del Valente di reintegra nel possesso di un suolo avente natura demaniale e relativamente al quale era provato che l’eventuale spoglio sarebbe avvenuto oltre un anno prima dell’esercizio dell’azione possessoria.

Precede l’esame del primo motivo di ricorso principale, che attiene alla valida costituzione del giudice di appello.

L’art. 43 bis, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (aggiunto all’ordinamento giudiziario dall’art. 10. d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e mod. art. 3-bis, d.l. 7 aprile 2000, n. 8), premesso, al 1° co., che giudici ordinari ed onorari svolgono presso il tribunale ordinario il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione e, al 2° co., che i giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari, dispone, al 3° co., che nell’assegnazione prevista dal primo comma, è seguito il criterio di non affidare ai giudici onorari: a) nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio; b) nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale.

Con riferimento alla materia civile, mentre il dato normativo consente, quindi, di ritenere che, in assenza di specifici divieti di ordine sistematico, i g.o.t. possano anche essere chiamati a fare parte dei collegi (eventualmente di appello), benché l’art. 106, 2° co., cost., ne preveda la nomina per l’esercizio delle funzioni attribuite “a giudici singoli”, diversamente deve reputarsi esclusa dalla legge la possibilità che i g.o.t. possano essere chiamati a giudicare in procedimenti cautelari ante causam ed in quelli possessori, quali quelli oggetto della controversia tra le parti.

L’esclusione della possibilità di assegnare ai giudici onorari della trattazione di specifici procedimenti non rientra, infatti, tra le disposizioni amministrative dell’ordinamento giudiziario che dettano i criteri di assegnazione del lavoro e le supplenze dei magistrati negli organi collegiali e che non determinano la nullità dei provvedimenti adottati (cfr. ora espressamente: l’art. 7 bis, 1° co., r.d. n. 12/1941, nel testo risultante dalla modifica apportata dall’art. 4, 19° co., l. 30 luglio 2007, n. 111), ma sotto l’aspetto passivo attivo si risolve in una inammissibilità dell’assegnazione e sotto quello passivo in un difetto di capacità dei g.o.t. alla trattazione di essi.

Ne consegue il vizio di costituzione del collegio che ha giudicato con la partecipazione del g.o.t. le controversie cautelari e possessorie oggetto dei procedimenti riuniti e la conseguente declaratoria, ai sensi degli artt. 158 e 161, 1° co., c.p.c., della nullità della sentenza dallo stesso pronunciata.

Alla fondatezza del primo motivo di ricorso principale seguono l’assorbimento dell’esame degli altri motivi e del ricorso incidentale e la cassazione della decisione impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi.

Accoglie il primo motivo di ricorso principale e dichiara assorbito l’esame degli altri e del ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma.