13/12/07 Ricordo del Prof. Pera
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La Facoltà giuridica pisana ricorda il 13 dicembre 2007, in Sapienza, il Prof. Giuseppe Pera, intervengono il Prof. Marco Goldoni, Preside della Facoltà, il Prof. Oronzo Mazzotta e i Proff.ri Alessandro Pizzorusso e Umberto Romagnoli. Sull'illustre giuslavorista tante sono state le testimonianze in occasione di incontri e commemorazioni.

Lettera ai processualisti pisani, in ricordo by Claudio Cecchella
Un ricordo by Riccardo Del Punta
Commemorazione in Corte, 2 ottobre 2007 by Marco Papaleoni
Ricordo di Giuseppe Pera (Ridl 2007) by Luigi Montuschi
Intervista a Giuseppe Pera (Ridl 2006,I,107 ss) by Pietro Ichino

Commemorazione in Corte, 2 ottobre 2007

Commemorazione del prof. Giuseppe Pera

pronunciata presso la Corte d’Appello di Firenze il 2 ottobre 2007

Nel momento in cui mi accingo all’ingrato compito di prendere la parola in questa triste occasione, confesso di essere perfettamente conscio di commettere una trasgressione ad un invito alla riservatezza che in ripetute occasioni mi era stato manifestato dal compianto prof. Pera, cui Lui stesso ha dato obiettivo riscontro anche nelle modalità di svolgimento delle esequie.

A questo passo mi sono indotto in considerazione dell’importanza che la collocazione della commemorazione nella sede giudiziaria centrale della Toscana riveste per tutti gli addetti ai lavori ed ai cultori della materia, nel doveroso ricordo di chi nell’arco di una vita operosa vi ha ricoperto vari ruoli, da quello di magistrato a quello di docente ed avvocato diffondendo, con lo stile e la capacità che ne hanno sempre qualificato tutti gli interventi, a qualsiasi livello svolti, la Sua profonda conoscenza del diritto del lavoro.

In questa decisione hanno concorso, ovviamente, anche i profondi sensi di stima, di affetto e di riconoscenza personali, maturati nell’arco di una lunga stagione di condivisione di vita e di ideali, e che mi hanno indotto a partecipare al coro dei colleghi che, superando quelle stesse remore di riservatezza diffusamente noti, hanno ritenuto di dover comunque rendere sincera testimonianza di un’esperienza di vita ora purtroppo conclusa, soprattutto al fine di sottolineare all’attenzione dei più giovani una figura che ha ricoperto una straordinaria importanza, sia sul piano civile che su quello giuridico.

Per quanto limitata a notazioni essenziali, già l’analisi della stessa vicenda esistenziale del prof. Pera presenta aspetti di forte rilievo.

Nato nel 1928, di estrazione contadina orgogliosamente sempre rivendicata (forse per giustificare presunte asprezze caratteriali, ma in realtà ritengo per segnalare la sincera e sempre perseguita volontà di concretezza), ha seguito un percorso evolutivo severo, impegnato in intensa attività di studio, da subito congiunta con un forte impegno politico-sociale, che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita.

Iscritto sin dal 1945 al P.d’Az., e poi passato al PSI, da cui nel 1952 è stato (scientemente, e con dichiarato orgoglio) espulso per “tradimento”, entrato in magistratura nel 1955 e rimastovi per otto anni e mezzo, sino a quando optò (all’epoca, coraggiosamente) per una carriera universitaria tutta trascorsa, nonostante sollecitazioni di suggestivo rilievo, nell’ateneo pisano.

L’esperienza universitaria, iniziata con la prof. Riva Sanseverino e Virgilio Andrioli, ha assorbito tutti gli anni successivi, sino al momento del ritiro per pensionamento, anch’esso affrontato con la severità che ne ha caratterizzato l’intera vita, con un impegno universitario caratterizzato da una dedizione totalizzante rispetto li obblighi accademici.

Sul piano strettamente scientifico, cinque monografie di indubbio spessore (diritto costituzionale del lavoro, assunzioni obbligatorie, sciopero, licenziamenti, rinunce e transazioni) hanno rappresentato, e continuano a farlo, passaggi snodali nell’interpretazione e diffusione della nostra materia, e ciò non soltanto per il rigore dell’impostazione, ma anche per la compiutezza dell’analisi, svolta con la piena conoscenza dell’elaborazione dottrinale intervenuta, ma senza mai trascurare il dato ricavabile dall’approfondita analisi degli orientamenti giurisprudenziali, in modo da poter compiutamente ricomporre le implicazioni politiche delle tesi interpretative dibattute e sottoposte con rara capacità di sintesi all’esame del lettore.

La stessa enunciazione dei titoli conferma la profondità e l’ampiezza della tematica di volta in volta affrontata (si pensi al lavoro sul diritto costituzionale, allo sciopero ed ai licenziamenti, la cui collocazione assolutamente centrale evidenzia la serietà dell’approccio), così come la delicatezza di altri (per le assunzioni obbligatorie, il tentativo di razionalizzare un’esperienza normativa tecnicamente di frontiera, e non immune da soluzioni istituzionalmente critiche, e per le rinunce il delicato bilanciamento tra i principi generali di inderogabilità e la tutela della certezza della composizione del conflitto).

Alle opere monografiche di così ampio ed articolato respiro, si è aggiunta la manualistica di studio, passando dalle Lezioni al Manuale (cui, nell’ultima edizione, ha voluto –spontaneamente ed invero generosamente- associare anche il mio nome), le cui varie stesure testimoniano lo sforzo con il quale è stato costantemente seguito l’aggiornamento del testo alle sempre mutevoli variazioni normative, ma nel cui ambito Pera ha sempre voluto, e saputo, inserire osservazioni e considerazioni di costume, spesso anche caustiche, ma frutto di scrupolosa avvedutezza e ragionevolezza, e comunque espresse in assoluta libertà concettuale, senza alcuna considerazione di rispondenza politica ad una communis opinio.

La continuità dell’impegno ha inoltre trovato riscontro in oltre duecento articoli e note a sentenza, ora raccolti in una ponderosa pubblicazione della Facoltà pisana, la cui lettura segnala la chiarezza dell’impostazione dogmatica, non disgiunta dalla esatta percezione degli aspetti sostanziali della questione dibattuta, che hanno sempre consentito il conseguimento di una sintesi espositiva faticosamente perseguita da altri. In ciascun articolo o nota, Pera ha saputo centrare immediatamente il tema dibattuto, dare conto delle tesi contrapposte, e proporre infine una soluzione rispondente a criteri di ragionevole coerenza sistematica, senza trascurare peraltro la lanterna del buon senso.

A questi stessi criteri Pera si è attenuto anche allorquando ha predisposto l’ultimo lavoro a tema, l’Introduzione al diritto del lavoro italiano (2002): per quanto quantitativamente agile, nella sua apparente semplicità il testo ricostruisce con rara compiutezza l’accidentato percorso evolutivo del diritto del lavoro, segnalandone i punti di snodo ed i passaggi essenziali, elaborando una summa ragionata ed essenziale per tutti i cultori della materia.

La serietà dell’impegno personale ha ugualmente caratterizzato tutta l’attività svolta all’interno della Facoltà.

L’insegnamento è stato assolto con una serietà ed un impegno assoluto: considerando il quarto d’ora accademico una sorta di cedimento al lassismo, Pera iniziava la lezione allo scoccare dell’ora, e la proseguiva addirittura “sforando” di almeno altri 10 minuti. E nel perseguimento di un criterio di assoluta trasparenza distributiva, egli ha voluto che le nostre ore di lezione fossero rigidamente accoppiate, iniziando e terminando assieme: così purtroppo togliendomi il piacere di poter assistere a qualche sua lezione come studente.

Con eguale disponibilità ed impegno, Pera ha seguito il lavoro sia degli allievi e dei colleghi, che dei laureandi. Nell’assegnazione delle tesi era individuabile una particolare cura, che lo induceva a suggerire i titoli e gli argomenti più consoni alle singole esperienze formative, ed agli obiettivi perseguiti, introducendovi peraltro anche aspetti di interesse locale, sia sul piano storico che sociale (ai laureandi carrarini era, ad es., solito assegnare ricerche sull’evoluzione storica del sindacalismo locale, così da approfondire pagine altrimenti neglette): e con la stessa attenzione, ne seguiva attentamente lo sviluppo, seguendo passo passo l’elaborazione del testo, fornendo consigli e suggerimenti (quanti laureati conservano brogliacci di tesi costellati da appunti e considerazioni del professore).

Negli stessi termini, ha seguito i lavori degli assistenti e dei giovani colleghi, prodigandosi in suggerimenti nell’impostazione del testo, leggendo scrupolosamente tutte le versioni degli elaborati, e fornendo attente notazioni critiche o di sostegno nello svolgimento degli argomenti. Ancora una volta per esperienza diretta, posso testimoniare la costanza con la quale è stata impostata e seguita l’elaborazione delle mie pubblicazioni, e l’altrettanto continuativa sollecitazione a non trascurare mai la ricerca e l’analisi degli orientamenti giurisprudenziali, al fine di assicurare un solido aggancio pragmatico contro elaborazioni altrimenti troppo teoriche.

Ma ancor più della mia vicenda personale, contano le espressioni con le quali una parte davvero consistente dei docenti e cultori della materia ha partecipato al cordoglio, ricordando la serietà e la profondità dell’impegno con il quale erano state seguite ed indirizzate le loro pubblicazioni!

Questa stessa impostazione è stata scrupolosamente seguita anche nel corso della fortunata, anche se relativamente breve, attività professionale, che Pera ha saputo svolgere con rara maestria, e con un forte impegno personale allorquando ha dovuto affrontare vertenze ed argomenti spinosi, non importa se politically uncorrect, nel perseguimento di una linea ideale che, come vedremo, ha accompagnato tutta la vita del Maestro.

Chi ha avuto la ventura di essere associato in alcune difese, può ricordare la serietà dell’approccio metodologico, che induceva Pera ad esporre onestamente e senza alcuna reticenza al magistrato ambedue le opposte tesi in discussione, inducendo a volte qualche reprimenda della parte difesa per aver così alleviato lo sforzo defensionale della controparte, cui spesso non rimaneva che riportarsi alle considerazioni così correttamente esposte e svolte in assoluta trasparenza. Ma Pera ha sempre mantenuto questo approccio, in quanto intimamente e profondamente convinto che nelle aule di giustizia il diritto era destinato ad inverarsi, o comunque cercare di avvicinare quell’obiettivo di meditata ricerca di verità, o quanto meno di tendenziale approssimazione di ragionevolezza, che costituivano la molla portante della sua discesa in campo.

Il tratto forse più caratteristico della figura del nostro Maestro, che non può non essere sottolineato all’attenzione, risiede indubbiamente nella assoluta ed incondizionata libertà di pensiero: Pera non ha mai vincolato le proprie opinioni a valutazioni di convenienza politica o di parte, mantenendo orgogliosamente la propria indipendenza di giudizio. Per le stesse ragioni, pronto a modificare le conclusioni allorquando avesse percepito la maggior rispondenza della tesi opposta, nella inesausta ricerca della soluzione più rispondente sul piano razionale.

Questa libertà è stata esercitata con un approccio personale di modestia intellettuale: alla socratica attestazione di ignoranza, Pera accompagnava un personale tratto di sincera umiltà, che lo induceva ad apprezzare quanto proveniente dagli altri, verso i quali manteneva un atteggiamento di estremo rispetto, non disgiunto da una concorrente, significativa spontaneità.

A queste, di per sè già preziose doti, Pera aggiungeva una capacità di studio inesauribile, come dimostrato dai due libri (negli ultimi anni, sempre meno di diritto – non ne aveva ormai più gran bisogno-, e sempre più di storia) che usava portare con sé per occupare il tempo di viaggio da Pisa a Lucca, durante il quale egli era in grado di assorbirne, e memorizzarne, i passaggi essenziali. Pur in presenza di difficoltà visive ingravescenti, era solito leggere, senza occhiali e nella penombra della sua stanza nel cortile della Facoltà, testi di notevole impegno, come ad es. i grandi classici francesi.

In questo contesto, anche la sua capacità mnemonica perveniva a manifestazioni a volte sconvolgenti, come allorquando nel richiamare una qualche questione giuridica, enunziava immediatamente non solo autorità e data, ma anche la collocazione bibliografica di particolari sentenze. Così che, a volte, ero indotto a ritenere quasi un vezzo la sua richiesta di integrazioni bibliografiche o giurisprudenziali che comunque, ricevute, provvedeva a sottoporre all’usuale criterio di sintesi, astenendosi dalla pubblicazione di mere indicazioni conformi, per incentrarsi sugli eventuali interventi difformi.

Sia infine consentito concludere questo breve ricordo richiamando la personale esperienza di un’amicizia maturata nell’arco di un trentennio, e cresciuta in un’atmosfera di sincerità, mai peraltro disgiunta da profondo rispetto, che se nel tempo lo hanno indotto usualmente a rivolgersi a chi vi parla col Tu, non mi hanno mai consentito di ricorrere ad analoga confidenza.

Nello smarrimento derivante dalla conclusione della Sua esperienza terrena, portata a compimento con la rigidità e l’assenza di orpelli da sempre perseguita, rivolgo ancora una volta al Maestro l’espressione della mia affettuosa, sincera ed imperitura, riconoscenza, e la consapevolezza che, nel ricordo, Egli continuerà ad assolvere quella funzione maieutica che la Sua vita ha saputo così intensamente esprimere.