17/10/10 La Cassazione

La Corte di Cassazione muta improvvisamente di indirizzo sul termine per la iscrizione a ruolo dei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, dimezzato (cinque giorni) anche nel caso in cui l'opponente non ha optato per la riduzione dei termini per la comparizione, e fa passare in giudicato in un sol colpo decreti ingiuntivi opposti senza il rispetto del termine, implicando istituti come la remissione in termini e il rilievo del precedente delle Sezioni Unite. Si pubblicano la sentenza e le prime pronunce applicative.

Il punto sull'opposizione a decreto ingiuntivo dopo Cass. n. 19246 del 2010. Corso Pro. Form, di Claudio Cecchella by Slides corso pro.form
La rimessione in termini, soluzione che si consolida... by Tribunale Velletri
Ancora sulla rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. by Tribunale di Macerata
Gli orientamenti del Tribunale di Genova... by Giudici Genovesi
Una rassegna di orientamenti dopo il revirement. Irretroattivita’ o rimessione in termini? by www. claudiocecchella.it
Il Comunicato stampa del CNF proposta una leggina ad hoc by Consiglio Nazionale Forense
Il revirement: sentenza 9 settembre 2010, n. 19246 by Claudio Cecchella

Il punto sull'opposizione a decreto ingiuntivo dopo Cass. n. 19246 del 2010. Corso Pro. Form, di Claudio Cecchella

Il punto sull'opposizione a decreto ingiuntivo dopo Cass. n. 19246 del 2010.

Corso Pro. Form

Pisa, 16 dicembre 2010

di Claudio Cecchella

La normativa

Art. 645, 2° comma

“In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, ma i termini di comparizione sono ridotti a metà.”

Art. 165, 1° comma c.p.c.

“L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni in caso di abbreviazione dei termini a norma del secondo comma dell’art. 163-bis, deve costituirsi in giudizio…”

Art. 163-bis, 2° comma, c.p.c.

“Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può , su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce all’atto originale e alle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma.”

Abbreviazione discrezionale e ex lege

Dall’insieme delle disposizioni citate si ricava:

- nel rito ordinario esiste un’abbreviazione discrezionale dei termini di comparizione che fa discendere un dimezzamento dei termini di costituzione;

- Nel rito monitorio un’abbreviazione ex lege dei termini di comparizione, senza che il legislatore nulla dica in relazione ai termini di costituzione.

Gli orientamenti della Corte di Cassazione previgenti

Discrezionalità rimessa all’opponente

Secondo l'orientamento precedente della Corte di cassazione (emblematica, Cass. 30 marzo 1998, n. 3316, in Foro it., 1998, I, 2161), la riduzione a metà dei termini di comparizione, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, prevista dall'art. 645, comma 2, c.p.c., sarebbe rimessa alla facoltà dell'opponente. Solo nel caso in cui l'opponente si sia effettivamente avvalso di tale facoltà, sarebbero automaticamente ridotti alla metà anche i termini di costituzione.

Esercizio di fatto

La riduzione a metà del termine di costituzione conseguirebbe peraltro automaticamente al fatto obiettivo della concessione all'opposto di un termine inferiore a sessanta giorni, per cui risulterebbe del tutto irrilevante che la concessione di quel termine sia dipesa da una scelta consapevole dell'opponente ovvero da un errore di calcolo del medesimo (così, specificamente, Cass. 15 marzo 2001, n. 3752, in Foro it., 2002, I, 193)

Gli argomenti contrari

Nel testo originario del 1942 disponeva la riduzione alla metà dei termini di costituzione e che in seguito alla riforma di cui alla l. 14 luglio 1950 n. 581 ed alle disposizioni di coordinamento contenute nel d.p.r. 17 ottobre 1950 n. 587 esso fu modificato nel senso che alla espressione "termini di costituzione" venne sostituita quella di "termini di comparizione". Dunque il nesso non può postularsi dopo la novella del 1950.

Replica della S.C.:

i lavori preparatori

Dai lavori preparatori e dalla relazione ministeriale si evince chiaramente che con detta modifica non si intese immutare il precedente sistema, ma solo aggiungere, in dipendenza della innovazione introdotta con la citazione ad udienza fissa, la riduzione a metà dei termini di comparizione".

L’interpretazione sistematica

Il sistema dovrebbe essere ispirato ad un preteso "principio di adeguamento dei termini di costituzione a quelli di comparizione".

Critica

Invero dalla norma delle due l’una o si forza la lettera in ossequio all’orientamento sistematico riferito e si ritiene che decurtati ex lege i termini a comparire sono dimezzati pure i termini per la costituzione o si ritengono dimezzati i soli termini di comparizione, come dalla lettera. Non ha senso una lettura che abbandona alle scelte dell’opponente il dimezzamento (conf. E. Garbagnati, I procedimenti per ingiunzione e per convalida di sfratto, V ed., Milano, 1979, 166).

L’argomento storico-sistematico

In conclusione, dall'esame del contesto storico e sistematico in cui si colloca la modificazione del testo dell'art. 645, 2° comma c.p.c. si ricava un primo fondamentale e persuasivo argomento in favore della conclusione opposta a quella cui perviene l'orientamento della Corte di cassazione, prima del revirement. La conclusione è che la disposizione va letta esattamente per quello che dice: sono ridotti a metà i termini di comparizione, non già i termini di costituzione. Come già una remota sentenza, Cass. 10 gennaio 1955, n. 8, in Riv. dir. proc., 1955, II, 85

L’inesistenza di un argomento sistematico contrario

Gli art. 166 e 167 c.p.c. non fondano un principio di generale applicazione: essi si riferiscono alla peculiarità di un processo abbreviato per l’urgenza evidenziata dall’attore e devono perciò consentire al convenuto una visione più rapida dei documenti dall’attore prodotti: in ciò l’esigenza di un dimezzamento di entrambi i termini.

segue

Al contrario nell’art. 645 c.p.c. non vi è un’esigenza di urgenza della materia da trattare, bensì un’esigenza di immediata introduzione di un giudizio di merito e il convenuto-opposto che ha già avuto nodo di elaborare le sue difese nella fase sommaria inaudita altera parte ha minori esigenze di rapidità nell’esame dei documenti. (conf. Caponi Remo, Sul termine di costituzione nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo (artt. 645, 647 c.p.c.), in Corr. Giur., 2006, 5, 727)

Il reveriment o overruling

Cass. n. 19246/2010

Non solo i termini di costituzione dell'opponente e dell'opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all'opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l'opposizione sia sfata proposta, in quanto l'art. 645 c.p.c. prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà (Cass., Sez. Unite, 9 settembre 2010, n. 19246).

Il ragionamento della S.C.

Non si rinviene, né sul piano sistematico (analogia agli artt. 163-bis, 2° comma c.p.c.; 165 e 166, ove l’effetto discende da un provvedimento giudiziale), né sul piano letterale la ragione di abbandonare il dimezzamento all’iniziativa dell’attore.

Segue. La razionalità della scelta del legislatore

Né si può intravedere una irrazionalità nelle scelte del legislatore: ”La diversa ampiezza dei termini di costituzione dell'opponente rispetto a quelli dell'opposto non appare irragionevole posto che la costituzione del primo è successiva alla elaborazione della linea difensiva che si è già tradotta nell'atto di opposizione rispetto al quale la costituzione in giudizio non richiede che il compimento di una semplice attività materiale, mentre nel termine per la sua costituzione l'opposto non è chiamato semplicemente a ribadire le ragioni della sua domanda di condanna, oggetto di elaborazione nella fase anteriore alla proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo, ma ha la necessità di valutare le allegazioni e le prove prodotte dall'opponente per formulare la propria risposta”.

Conseguenza

”E’ consolidato orientamento di questa Corte che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la tardiva costituzione dell'opponente va equiparata alla sua mancata costituzione e comporta l'improcedibilità dell'opposizione (Cass. n. 9684/1992, 2707/1990, 1375/1980; 652/1978, 3286/1971, 3030/1969, 3231/1963, 3417/1962, 2636/1962, 761/1960, 2862/1958, 2488/1957, 3128/1956). E' innegabile infatti, da una parte, che la specialità della norma di cui all'art. 647 c.p.c. impedisce l'applicazione della ordinaria disciplina del processo di cognizione, e dall'altra, che la costituzione tardiva altro non è che una mancata costituzione nel termine indicato dalla legge.”.

In conclusione

1. Il dimezzamento dei termini di costituzione è effetto ex lege dell’applicazione dell’art. 645, 2° comma c.p.c., a prescindere che siano o meno dimezzati i termini di comparizione.

2. In difetto di costituzione nei termini dimezzati dell’attore-opponente il giudizio di opposizione è improcedibile e dunque il decreto ingiuntivo passa in giudicato

Critica

1. Si costruisce un’ipotesi di decadenza dal compimento di atti processuali, con conseguenze gravissime per la parte (passaggio in giudicato di un provvedimento giurisdizionale nel quale è soccombente nel merito), senza alcuna previsione legislativa: sul piano letterale il dimezzamento riguarda solo i termini di comparizione

Segue. Critica

2. Con una motivazione di tre proposizioni, non si approfondisce non solo il dato letterale, ma anche l’origine storica della norma, che nella sostituzione del termine costituzione con il termine comparizione ha riferito il dimezzamento solo a quest’ultima attività processuale, dopo la novella del 1950

Segue. critica

3. Anche sul piano razionale la Corte non convince, poiché - lo si ripete - il convenuto in opposizione (vero attore) ha ben potuto già approntare la sua domanda e le sue difese in fase sommaria, ed è semmai l’opponente (vero convenuto) maggiormente sacrificato che deve reagire in quaranta giorni, anziché gli ordinari novanta dell’art. 163-bis c.p.c. e dunque il primo non ha ragione di conoscere i documenti prodotti dall’opponente in tempi più rapidi.

I tentativi di porre rimedio

Il C.N.F.

Il Consiglio nazionale forense, preoccupato di ciò che molti Tribunali, attraverso l’applicazione di quel principio alle cause in corso, avrebbero potuto mirare ad uno “smaltimento extra ordinem, con pronuncia di rito e non di merito, di una nutrita numero di cause di opposizione a decreto ingiuntivo pendenti”, aveva richiesto l’intervento del legislatore che limitasse gli effetti temporali del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte.

1. L’applicazione del regime transitorio processuale

Tempus regit actum

In caso di cd. overruling - e cioè allorché si assista ad un mutamento, ad opera della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, di un'interpretazione consolidata a proposito delle norme regolatrici del processo - la parte che si è conformata alla precedente giurisprudenza della Suprema Corte, successivamente travolta dall'overruling, ha tenuto un comportamento non imputabile a sua colpa e perciò è da escludere la rilevanza preclusiva dell'errore in cui essa è incorsa. Ciò vuol dire che, per non incorrere in violazione delle norme costituzionali, internazionali e comunitarie che garantiscono il diritto ad un Giusto Processo, il giudice di merito deve escludere la retroattività del principio di nuovo conio (nel caso di specie viene esclusa la retroattività del principio di diritto enunciato da Cass. civ. SS.UU. 9 settembre 2010, n. 19246 in materia di costituzione dell'opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo).

Trib. Varese Sez. I, 08-10-2010

Dubbi

I mutamenti di giurisprudenza non sono ius superveniens, come potrebbe esserlo l’entrata in vigore di una nuova legge, dunque ad esso non può applicarsi il regime transitorio proprio di una nuova normativa processuale.

2. La diffusione di un orientamento contrario alla Corte di Cassazione

Riferimento alla Corte Cost.

L'interpretazione offerta dalle Sezioni Unite 19246/2010, dell'art. 645 c.p.c., non può essere condivisa: da ultimo la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 18 del 2008, ha ribadito che la riduzione dei termini di costituzione si lega alla facoltà dell'opponente di dimidiare i termini di comparizione della controparte. Vi è, poi, che l'interpretazione delle SSUU favorirebbe la prassi, non conforme all'art. 165 c.p.c., di iscrivere le cause depositando una copia dell'originale (cd. velina) e non anche l'originale, con effetti tutt'altro che deflattivi del contenzioso.Trib. Catanzaro, 04-11-2010

La Corte Cost.

E' manifestamente infondata la questione di legittimità degli artt. 165, 645 e 647 c.p.c., censurati, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui fanno gravare sull'opponente a decreto ingiuntivo l'onere di costituirsi in un termine eccessivamente breve. Posto che è lo stesso opponente a porre le premesse per la sua costituzione nel termine ridotto, avvalendosi della facoltà di dimidiare il termine di comparizione del debitore ingiunto, e che, pertanto, egli deve ritenersi certamente consapevole del particolare onere di diligenza connesso a tale scelta e delle conseguenze che le norme processuali collegano alla tardiva costituzione in giudizio, non è configurabile la prospettata violazione del diritto di difesa; né l'abbreviazione dei termini di costituzione può ritenersi irragionevole, mentre la sussistenza di uno sbilanciamento nella disciplina di tali termini non determina una posizione di disuguaglianza processuale rilevante ai sensi dell'art. 111, secondo comma, Cost., ma, al più, una compromissione della euritmia del sistema, la cui modifica non può che essere rimessa all'opera del legislatore.Corte cost. Sent., 08-02-2008, n. 18

Applicazione letterale dell’art.645, 2° comma c.p.c.

L'assegnazione all'opposto di un termine di comparizione superiore a 45 gg. legittima quest'ultimo alla sola istanza di abbreviazione del termine ex art-163 bis, comma terzo, c.p.c.L'assegnazione all'opposto di un termine di comparizione inferiore a 90 gg. non comporta il dimezzamento del termine di costituzione dell'opponente, non trovando applicazione la dimidiazione da abbreviazione volontaria di cui all'art. 165, comma primo, c.p.c. trattandosi di norma eccezionale e, perciò, di stretta interpretazione.Trib. Verona, 14-11-2010

Il Consiglio di Stato

L'opposizione al decreto ingiuntivo dinanzi al giudice amministrativo non si propone nelle forme previste dall'articolo 645 c.p.c. (ossia "con atto di citazione notificato al ricorrente") bensì, per espressa previsione dell'articolo 8, comma 1, L.n. 205/2000 "con ricorso", rinviandosi, pertanto, alla disciplina del processo amministrativo e, in specie, al disposto dell'articolo 21 della L. n. 1034/1971, che prescrive, oltre alla notifica del ricorso all'Amministrazione resistente ed ad almeno uno dei soggetti controinteressati, anche il successivo deposito del ricorso medesimo presso la Segreteria del Giudice adito. In relazione alla particolare natura del termine previsto per la proposizione del ricorso a decreto ingiuntivo, e tenuto conto degli specifici effetti che comunque sono ricollegati alla notificazione del ricorso giurisdizionale amministrativo, è da ritenere che soltanto la notificazione del ricorso debba avere luogo nel termine di quaranta giorni, mentre il successivo deposito va effettuato nell'osservanza degli ordinari termini processuali. Cons. Stato Sez. V, 10-11-2010, nn. 8000, 7999 e 7998

La dottrina

• Per una interpretazione letterale dell’art. 645 c.p.c., nel senso di un dimezzamento dei soli termini di comparizione, cfr. R. Caponi, Overruling in materia processuale e garanzie costituzionali (in margine a Cass. n. 19246 del 2010) e in www.judicium.it

3. La rimessione in termini

La remissione nei termini

Alla luce del principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.), l'errore della parte che abbia fatto affidamento su una consolidata (al tempo della proposizione della opposizione e della costituzione in giudizio) giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, non può avere rilevanza preclusiva, sussistendo i presupposti per la rimessione in termini (art. 153 c.p.c. nel testo in vigore dal 4.7.2009), alla cui applicazione non osta la mancanza dell'istanza di parte, essendo conosciuta, per le ragioni evidenziate, la causa non imputabile (così, Cass., sez. II, ordinanze interlocutorie nn. 14627/2010, 15811/2010 depositate il 17.6.2010 ed il il 2.7.2010).

Trib. Torino Sez. I, 11-10-2010; conf. Trib. Udine, 03-11-2010; App. Ancona 15-11-2010; Trib. Piacenza, 02-12-2010

La nuova portata della rimessione in termini

Per effetto della recente riforma del codice di procedura civile, l'istituto della rimessione in termini, collocato nell'art. 153 c.p.c., ha assunto portata generale, non limitata alle sole ipotesi in cui le parti siano decadute dal potere di compiere determinate attività difensive nel corso della trattazione della causa; ne consegue che detto istituto può consentire la rimessione in termini dell'attore in opposizione a decreto ingiuntivo che non si sia costituito nel termine che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19246/2010, mutando la precedente giurisprudenza, hanno ritenuto debba essere dimezzato per il solo fatto che l'opposizione sia stata proposta ed indipendentemente, quindi, dal fatto che l'opponente abbia o meno assegnato all'opposto un termine a comparire inferiore a quello legale. Trib. Pavia, 14-10-2010; conf. Trib. Velletri, 15-10-2010

La Corte di Cassazione sulla rimessione in termini

Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, la parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell'art. 184-bis cod. proc. civ., "ratione temporis" applicabile, anche in assenza di un'istanza di parte, se, esclusivamente a causa del predetto mutamento, si sia determinato un vizio d'inammissibilità od improcedibilità dell'impugnazione dovuto alla diversità delle forme e dei termini da osservare sulla base dell'orientamento sopravvenuto alla proposizione del ricorso. Cass. civ. Sez. II, 17-06-2010, n. 14627; conf. Cass. civ. Sez. II, 02-07-2010, n. 15809.

La motivazione della ordinanza

“il Collegio non condivide l'orientamento secondo cui l'art. 184- bis cod. proc. civ., per sua collocazione sotto la rubrica della "trattazione della causa" e per il riferimento al "giudice istruttore", non sarebbe invocabile per le "situazioni esterne" allo svolgimento del giudizio, quali sono le attività necessarie all'introduzione di quello di cassazione ed alla sua prosecuzione” (n.d.r. in tale senso tra le tante, Cass., Sez. 1^, 7 febbraio 2008, n. 2946)

Segue

“la lettura restrittiva non tiene conto nè delle innovazioni apportate all'art. 184-bis cod. proc. civ. dalla novella del 1995 "con la soppressione del riferimento alle sole decadenze previste negli artt. 183 e 184 cod. proc. civ."

Segue

“assodato che la rimessione in termini è riferibile anche al potere di impugnare per cassazione e che questa estensione, oltre ad essere coerente con la portata dell'art. 184-bis (che è quella di rappresentare una valvola di sicurezza rivolta a porre rimedio a tutte le ipotesi in cui sia intervenuta una decadenza a causa di un impedimento non imputabile), rinviene la propria ragione giustificatrice nell'impegno costituzionale di garantire l'effettività del contraddittorio e dei mezzi di azione e di difesa nel processo”

Il principio di diritto

“Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, va escluso che abbia rilevanza preclusiva l'errore della parte la quale abbia fatto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata, al tempo della proposizione dell'impugnazione, giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, e che la sua iniziativa possa essere dichiarata inammissibile o improcedibile in base a forme e termini il cui rispetto, non richiesto al momento del deposito dell'atto di impugnazione, discenda dall'overrullng; il mezzo tecnico per ovviare all'errore oggettivamente scusabile è dato dal rimedio della rimessione in termini, previsto dall'art. 184-bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile), alla cui applicazione non osta la mancanza dell' istanza di parte, dato che, nella specie, la causa non imputabile è conosciuta dalla corte di cassazione, che con la sua stessa giurisprudenza ha dato indicazioni sul rito da seguire, ex post rivelatesi non più attendibili”

La dottrina

In senso favorevole all’applicazione dell’istituto della rimessione in termini, cfr. A. Briguglio, L’overruling delle Sezioni Unite sul termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo ed il suo (ovvio e speriamo condiviso) antidoto (in www.judicium.it)

I dubbi

La regressione del giudizio

L'overruling realizzato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 19246/2010, giustifica l'errore cui è incorsa la parte che abbia seguito l'indirizzo giurisprudenziale previgente. La parte incorsa in errore, però, piuttosto che essere rimessa in termini, con regressione del giudizio e conseguente grave danno alla giurisdizione deve essere considerata come aver agito correttamente, sulla scorta di un mero accertamento del giudice di merito, che verifica l'overruling e l'affidamento incolpevole del litigante.Trib. Sant'Angelo dei Lombardi, 20-10-2010

Il Tribunale di Livorno

A leggere uno dei primi provvedimenti sull’argomento in esame come quello del Tribunale di Livorno del 1° ottobre 2010 sembra che sia stato ritenuto necessario, una volta che il giudice ha disposto la rimessione in termini, procedere ad una nuova iscrizione a ruolo.

Sanatoria ex post senza regressione

L'orientamento espresso dalle Sezioni Unite 19246/2010, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, quanto all'art. 645, comma 2, c.p.c., non trova applicazione nei giudizi in corso, giusta l'applicazione ex officio dell'istituto della remissione in termini. Tale istituto, tuttavia, non va applicato con la ripetizione dell'atto intempestivo: è maggiormente rispondente ad esigenze di coerenza sistematica e di economia processuale, interpretare il ricorso alla rimessione in termini ex art. 184-bis c.p.c. (ratione temporis applicabile alla fattispecie concreta dedotta in giudizio) come una sanatoria postuma della costituzione dell'attore, una volta accertata la scusabilità dell'errore nel quale lo stesso è incorso.Trib. Sansepolcro, 25-10-2010

Alcune considerazioni sull’istituto della rimessione in termini

Dall’art. 184 bis all’art. 153 c.p.c.

Da un inserimento della norma nella sola fase di trattazione del processo di rito ordinario (pur se riferita in un’ulteriore evoluzione ad ogni tipo di attività difensiva a cui la parte è decaduta e non solo all’attività istruttoria) si è passati con la legge n. 69 del 2009 alla sua emigrazione nel libro Primo del Codice

Generalità

Ne è così sancita la sua generalizzazione ad ogni attività difensiva:

1) Di qualsiasi rito a cognizione piena, come anche sommario;

2) Di qualsiasi termine anche fuori dalla pendenza di un processo: come il termine per impugnare

Interpretazione

Un utile raffronto all’art. 650 c.p.c. e alla sua applicazione da parte del giudice della legittimità costituzionale delle leggi:

“L’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non avere avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”

Il rilievo della irregolarità e non solo della nullità

Il formalismo processuale viene esaltato all’estremo, poiché viene dato rilievo come causa dell’errore ad una mera irregolarità degli atti presupposti e non solo alla nullità.

Il fortuito e la forza maggiore

Gli ulteriori presupposti del fortuito e della forza maggiore non attengono solo alla conoscenza dell’atto presupposto, ma anche la impossibilità di proporre l’atto, benché l’atto presupposto fosse noto. Corte cost., 20 maggio 1976, n. 120

La lettera

“La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini…”

Necessità dell’istanza

Dalla disposizione si desume che l’istanza di parte non è evitabile, il giudice non può procedervi officiosamente e che l’atto deve essere rinnovato e dunque il processo regrederire alla sua rinnovazione.

Interpretazione evolutiva

La Corte di cassazione e i giudici di merito danno della disposizione un’interpretazione evolutiva, non ritenendo necessaria l’istanza e la rinnovazione, procedendo ad una sorta di sanatoria ex post.

L’applicazione agli errori dovuti a responsabilità professionale

Tale estensione potrebbe condurre ad un terreno nuovo, sul quale la giurisprudenza si è sempre chiusa: l’errore professionale non condurre più ad una conversione del diritto in risarcimento del danno verso l’avvocato, ma in una rimessione in termini, particolarmente nei casi di dolo di questo ultimo dovuto a patrocinio infedele.