17/10/10 La Cassazione

La Corte di Cassazione muta improvvisamente di indirizzo sul termine per la iscrizione a ruolo dei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, dimezzato (cinque giorni) anche nel caso in cui l'opponente non ha optato per la riduzione dei termini per la comparizione, e fa passare in giudicato in un sol colpo decreti ingiuntivi opposti senza il rispetto del termine, implicando istituti come la remissione in termini e il rilievo del precedente delle Sezioni Unite. Si pubblicano la sentenza e le prime pronunce applicative.

Il punto sull'opposizione a decreto ingiuntivo dopo Cass. n. 19246 del 2010. Corso Pro. Form, di Claudio Cecchella by Slides corso pro.form
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Ancora sulla rimessione in termini ex art. 153 c.p.c.

Tribunale di Macerata

Sezione distaccata di Civitanova Marche

(omissis)

L’opponente allega l’inesistenza del debito, in quanto tutte le forniture oggetto delle numerose fatture azionate in monitorio sarebbero state già integralmente pagate attraverso il rilascio di assegni. Precisa in particolare l’ingiunta che il pagamento aveva generalmente luogo in contrassegno, ovvero i titoli con scadenza a 90 gg venivano consegnati al momento del ricevimento della merce direttamente nelle mani del corriere. Alcune volte capitava invece, soprattutto quando le fatture erano riferite a forniture di importi ridotti, che il contrassegno venisse annullato ed il pagamento accorpato a quello di altre fatture relative a forniture più consistenti.

Si costituiva l’opposta preliminarmente eccependo la nullità dell’atto di citazione in quanto la trasmissione dell’atto tramite mezzi di comunicazione non era avvenuta in conformità alla l. 183/93, siccome l’avvocato ricevente non è munito di procura alle liti ma è mero domiciliatario. Nel merito deduce che alcuni assegni (specificamente indicati) citati dall’opponente non sono mai stati incassati e che gli altri pagamenti si riferiscono a diversi crediti, come emerge dalla evidente discrepanza tra le date e gli importi in essi riportati e quelli recati dalle fatture oggetto della presente causa.

Con le note difensive finali l’opposta deduce altresì l’improcedibilità dell’opposizione per tardività nella costituzione dell’opponente, secondo il dictum della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 19246/2010.

L’opposizione è parzialmente fondata, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

L’atto di citazione non è nullo, come deduce l’opposta, atteso che con riferimento alla disciplina relativa all'utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati per la trasmissione di atti processuali, il conferimento della procura all’avvocato ricevente è prescritta dall'art. 1 l. 7 giugno 1993 n. 183, non ai fini dell'esistenza o della validità dell'atto, ma della possibilità di considerare la copia ricevuta come conforme all'originale inviato con mezzo telematico, con la conseguenza che la mancanza di tale requisito ha rilievo solo nel caso in cui detta conformità venga posta in discussione, ciò che non è dato riscontrare nel caso di specie. (cfr. Cassazione civile, sez. II, 11 marzo 2009, n. 5883; Cass. Civ. 17304/2006). Si osserva inoltre che per effetto dell'art. 1, comma 1, l. 7 giugno 1993 n. - che disciplina l'utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati della stessa parte per la trasmissione degli atti relativi a provvedimenti giurisdizionali - nella presunzione, "iuris et de iure", stabilita dall'art. 2719 c.c., prima parte, di conformità all'originale della fotocopia di un atto, se attestata da pubblico ufficiale, rientrano gli atti del processo trasmessi a distanza da un avvocato all'altro, se: a) l'avvocato trasmittente attesti la conformità della copia all'originale; b) sia l'avvocato trasmittente sia quello ricevente siano, congiuntamente o disgiuntamente, difensori della parte; c) l'avvocato trasmittente abbia sottoscritto in modo leggibile l'atto trasmesso e, se con lo stesso è conferita la procura alle liti, anche la sottoscrizione della parte sia leggibile. In mancanza di tali requisiti la fotocopia dell'atto del processo può tuttavia presumersi conforme all'originale per effetto dell'ultima parte dell'art. 2719 c.c. se nel termine indicato dall'art. 215 n. 2 c.p.c. non è stata disconosciuta. (Cassazione civile, sez. II, 17 maggio 2004, n. 9323; Cassazione civile, sez. II, 15 marzo 2010, n. 6237). Come emerge evidente dalla lettura della comparsa di costituzione, tale tempestivo disconoscimento non è avvenuto, avendo (infondatamente) sollevato la convenuta la (diversa) eccezione di nullità dell’atto, asseritamente inidoneo a costituire un valido rapporto processuale.

Neppure l’eccezione di improcedibilità può essere accolta. Si premette che essa non è soggetta a termini di decadenza potendo essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Va altresì precisato che è da rigettare la tesi secondo cui il dictum della sentenza citata sarebbe applicabile solo per il futuro, alla stregua delle norme di legge, atteso che è principio cardine del nostro ordinamento quello secondo cui l’attività giurisdizionale ha natura meramente interpretativa, con la conseguente ed ineliminabile efficacia retroattiva propria di ogni operazione ermeneutica.

Operate tali fondamentali premesse, va tuttavia rilevato che l’interpretazione sposata dalla Sentenza delle Sezioni Unite sovverte un costante e pressoché unanime orientamento contrario, che si era consolidato nel tempo quale diritto vivente ed a cui la prassi forense si era conformata. Vi sono pertanto ampi margini per l’attivazione dell’istituto della rimessione in termini, atteso che il mutamento della giurisprudenza che intervenga su di un orientamento consolidato integra senza dubbio la causa non imputabile richiesta dall’art. 184 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla presente controversia (cfr. Cassazione Civile, Sezione II, Ordinanza n. 15811 del 02.07.2010). Né è di ostacolo la collocazione di tale norma nella sezione del codice di rito dedicata alla trattazione: questo giudice infatti ritiene che la modifica intervenuta con la l. 69/ 2009 sul codice di procedura civile ed in particolare l’introduzione del secondo comma dell’art. 153 e la contestuale abrogazione dell’art. 184 bis c.p.c. non abbia soltanto un effetto innovativo, ma ridondi anche un’efficacia interpretativa sullo stesso art. 184 bis c.p.c., nel senso che occorre ritenere che il Legislatore con tale modifica abbia inteso disattendere l’impostazione della pregressa giurisprudenza maggioritaria secondo cui l’istituto della rimessione in termini poteva trovare applicazione solo con riferimento agli atti di istruzione e opinare al contrario che esso esprima una direttiva di sistema. Va sottolineato, infatti, che il ridetto istituto costituisce una delle declinazioni del principio fondamentale del giusto processo e del diritto di difesa, come espressi dagli artt. 24 e 111 cost., dall’art. 6 CEDU (ormai comunitarizzata) e dalla costante giurisprudenza della CGE. Si aggiunge che, proprio in virtù dei predetti principi, compendiati da quello di ragionevole durata che ne costituisce un corollario, non occorre ripetere tutta l’attività processuale successiva alla costituzione dell’opponente (atto per cui lo stesso viene rimesso in termini), stante l’assenza di qualsivoglia profilo in cui possa ravvvisarsi la lesione del contraddittorio o del diritto di difesa dell’opposto.

Venendo al merito della controversia, si premette che, in linea generale, quando il convenuto per il pagamento di un debito dimostri di aver corrisposto una somma di denaro idonea all’estinzione del medesimo, spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento sia da imputare all'estinzione di un debito diverso, provare di quest'ultimo l'esistenza, nonché le condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione, non trova applicazione nel caso in cui il debitore eccepisca l'estinzione del debito per effetto dell'emissione di un assegno bancario negoziato in favore del creditore prenditore o di una cambiale atteso che, implicando tale emissione (o girata) la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un'obbligazione cartolare, resta a carico del debitore convenuto l'onere di superare tale presunzione, dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato ed il successivo debito cartolare, con la conseguente estinzione del primo per effetto del pagamento delle cambiali. (Cassazione civile, sez. III, 18 ottobre 2005, n. 20134; Cass. Civ. 9784/1997; Cass. Civ. 1121/1985).

Nel caso di specie si rileva innanzi tutto che con riferimento agli assegni n. ……. tratti sulla Banca …. l’opponente non ha neppure fornito la prova di aver corrisposto i relativi importi, risultando i predetti titoli non incassati (in tal senso milita la produzione documentale in originale dei titoli effettuata dall’opposta, le risultanze dell’ordine di esibizione e la non contestazione specifica sul punto da parte dell’opponente). Di tal che tutte le fatture correlate dalla stessa opponente all’emissione dei predetti titoli vanno senz’altro ritenute non pagate (nn…

Con riguardo alle altre fatture si ritiene che in linea generale l’opponente non abbia fornito la prova, su di essa incombente, che la corresponsione degli altri titoli fossero collegati all’estinzione dei crediti azionati dall’opposta con l’ingiunzione di pagamento, in quanto è manifesta la discrepanza tra le somme oggetto dei titoli e gli importi dovuti per le fatture cui l’opponente pretenderebbe di imputarli e tra le date di scadenza delle fatture e quella di emissione e/o negoziazione dei titoli.

A tali conclusioni, tuttavia, non può pervenirsi con riferimento ad alcuni dei titoli in oggetto, che si andranno analiticamente ad indicare, in ordine ai quali è stata raggiunta la prova del collegamento con alcune delle fatture oggetto del decreto ingiuntivo, per le quali pertanto il pagamento si ritiene già effettuato.

L’assegno n. … del ..2005 dell’importo di € 4.236,48 corrisponde alla fattura n. … di € 4.236,48, con scadenza il ..2005.

L’assegno n. … del ..2005 dell’importo di € 2.645,84 corrisponde alla fattura n. …. di € 2.078,53 con scadenza ..2005. Tale imputazione non risulta peraltro neppure contestata dall’opposta, che pure in comparsa di costituzione redige un analitico e specifico elenco di contestazioni.

L’assegno n. .. del ..2005 dell’importo di € 1.432,80 corrisponde alla fattura n. …/05 di € 1.432,80, con scadenza il ….2005.

L’assegno n. … del 30.2005 dell’importo di € 3.703,81 corrisponde alla fattura n. …/05 di € 3.703,81, con scadenza il ..2005.

L’assegno n. … del …2006 dell’importo di € 1.392,00 corrisponde alla fattura n. …./06 di € 850,90, con scadenza il …2006. In tal caso la corrispondenza si ritiene provata, oltre che dalla coincidenza delle date, in virtù della produzione da parte dell’opponente del DDT relativo alla merce di cui alla fattura, da cui risulta espressamente la modalità in contrassegno del pagamento.

L’assegno n. …. del …2006 dell’importo di € 1.094,40 corrisponde esattamente agli importi e agli interessi delle fatture n. …/06, con scadenza il …2006, n. …/06, con scadenza il ...2006 e n. …/06 con scadenza il ..2006.

L’importo complessivo dovuto dall’opponente ammonta conclusivamente ad € 33.254,81 oltre agli interessi nella misura stabilita dall’art. 5 D.lgs 231/2002, dalla scadenza delle singole fatture per cui è dovuto il pagamento, fino al saldo effettivo.

Le spese di lite seguono la soccombenza sostanziale dell’opponente.

P.Q.M.

Il Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, definitivamente pronunciando nella causa promossa come in narrativa, disattesa ogni diversa domanda, istanza, deduzione ed eccezione, così decide:

1) revoca il decreto ingiuntivo n…./08 emesso il ….2008 dal Tribunale di Macerata, Sezione Distaccata di Civitanova Marche;

2) condanna …. s.a.s. di … & C. in liquidazione al pagamento in favore di …. s.p.a., in persona del legale rappresentante, della somma di € 33.254,81, oltre agli interessi nella misura stabilita dall’art. 5 D. lgs 231/02 dalla scadenza delle singole fatture fino al saldo effettivo;

3) condanna … s.a.s. di … & C. in liquidazione alla rifusione in favore di … s.p.a., in persona del legale rappresentante, delle spese di lite, che liquida in complessivi € 2.109,00 di cui € 809,00 per diritti ed € 1.300,00 per onorari, oltre rimborso forfetario per spese generali, CPA e IVA, se dovuta, come per legge.

Così deciso in Civitanova Marche il 22 ottobre 2010.

Il giudice

Corrado Ascoli