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Imp. lodo arb irrituale

L’impugnazione del lodo arbitrale irrituale

a cura di

Avv. Angelo Santi*

Dott.ssa Roberta Martire**

LA QUESTIONE

La natura dell’arbitrato irrituale ed i suoi indici rivelatori. Lodo-decisione e lodo-contratto. Mezzi di impugnazione. E’ possibile impugnare un lodo irrituale? In che modo? Chi è il giudice competente? Quali sono i termini per l’impugnazione? Quali vizi si possono far valere per impugnare un lodo irrituale?

INTRODUZIONE

➢ Il fenomeno arbitrale

L’eccessiva durata dei procedimenti giurisdizionali, nel nostro Paese, induce sempre di più i privati a prediligere gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giustizia ordinaria. In modo particolare, sulla scia del consistente sviluppo, nel mondo americano, dei cosiddetti sistemi di A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), anche l’arbitrato ha beneficiato di una rinnovata spinta propulsiva che lo ha portato ad essere accostato – talvolta in maniera fuorviante – ad altre forme di metodologie prettamente consensuali, ontologicamente alternative alla funzione giudicante. L’arbitrato resta pur sempre una procedura di carattere aggiudicativo, laddove agli arbitri è demandato il compito di pronunciare una decisione sulla controversia ad essi sottoposta. Sotto questo aspetto, la funzione arbitrale non si discosta significativamente da quella tipica del giudice.

Sorto per la risoluzione delle dispute soprattutto in ambito commerciale, l’arbitrato tende oggi ad essere applicato nelle più svariate ed eterogenee materie, presentando l’evidente pregio di affidare la questione ad un soggetto privato (la cui competenza specialistica può spesso essere privilegiata) e di assicurare una decisione in tempi certamente più rapidi rispetto ai procedimenti giurisdizionali.

➢ Arbitrato rituale ed irrituale

Il sistema italiano si caratterizza per la peculiare distinzione di due tipi di arbitrato, la cui coesistenza ha comportato rilevanti problemi interpretativi nell’applicazione pratica. All’arbitrato c.d. ordinario o di rito, che è disciplinato dagli artt. 806 e ss. del codice di procedura civile ed è volto alla soluzione di controversie con poteri e obblighi analoghi a quelli della giurisdizione ordinaria, si contrappone il modello conosciuto come arbitrato libero o irrituale, che si pone al di fuori delle previsioni codicistiche ed è tradizionalmente volto invece all’assunzione di una determinazione contrattuale, avente efficacia negoziale fra le parti.

Il fenomeno arbitrale, in entrambe i casi, trae il suo fondamento dal c.d. patto compromissorio – oggi definito dal c.p.c. “convenzione d’arbitrato” – che costituisce un atto negoziale, esplicazione di quella libertà che è concessa ai singoli di far decidere le loro controversie da privati, avente la forma del compromesso o della clausola compromissoria.

➢ La scelta del modello: gli indici rivelatori

È proprio dal contenuto della convenzione d’arbitrato che si desume il tipo di procedura arbitrale prescelto dalle parti; ed invero, la giurisprudenza ha sempre ritenuto di poter indagare la volontà dei contendenti sulla base di alcuni indizi ritenuti rilevanti per la scelta del modello arbitrale, quali – tra i più indicativi – la richiesta di applicazione o meno di regole processuali, l’eventuale qualificazione della decisione in termini di giudizio, piuttosto che la previsione del ruolo degli arbitri come “amichevoli compositori” o espressioni equipollenti. In molti casi, l’identificazione della scelta delle parti non risultava comunque di facile individuazione. Tutto ciò fino alla più recente riforma.

Con l’introduzione dell’art. 808-ter c.p.c., all’interno del Capo I del Titolo VIII del Libro IV del Codice di rito (a seguito del D.lgs n. 40/2006, che ha rappresentato la terza corposa riforma della materia arbitrale), è stata prevista espressamente, per la prima volta, la figura dell’arbitrato irrituale, come fenomeno regolato dalla legge, riducendone di tal guisa sensibilmente le distanze con l’arbitrato rituale e fornendo – o, quanto meno, volendo fornire – agli interpreti una chiara demarcazione tra i due istituti.

Prima di tale ultimo intervento normativo, la natura rituale del modello arbitrale prescelto si poteva desumere, pertanto, ove non chiaramente esplicitato dalle parti, dall’uso di espressioni proprie del procedimento giurisdizionale. In caso di dubbia interpretazione della volontà dei compromettenti, i più recenti interventi della Suprema Corte, superando un orientamento esattamente contrario, propendevano per la ritualità dell’arbitrato.

➢ La novella del 2006

Ai sensi del nuovo articolo 808-ter, la volontà delle parti di scegliere la forma arbitrale irrituale deve oggi risultare espressamente e in modo inequivoco dalla convenzione d’arbitrato.

Il primo comma di tale articolo riconosce, invero, ai compromettenti il diritto di escludere che dal lodo derivino gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria (ex art. 824-bis), stabilendo piuttosto che la controversia venga definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Tale volontà derogatoria deve, tuttavia, essere espressa dalle parti per iscritto, assunto quest’ultimo chiaramente rafforzato dall’ultimo inciso dello stesso comma, laddove si dispone che “Altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo”.

Dall’introduzione della nuova disposizione nel nostro ordinamento, si deve dedurre che la forma di arbitrato irrituale è stata oggi codificata – pur a rischio di creare un tertium genus arbitrale – con evidenti e contraddittorie implicazioni quanto alla normativa applicabile, tali da riaccendere il dibattito tra i sostenitori della tesi c.d. unitaria dell’arbitrato e coloro i quali sostengono invece una marcata e ontologica distinzione tra le due tipologie arbitrali, diverse oltre che per denominazione ed efficacia del lodo, anche per disciplina e mezzi di impugnazione.

In ogni caso, a prescindere dalla normativa applicabile (di cui in parte si dirà tra breve), non può porsi in dubbio che un elemento di chiarezza è stato apportato dal legislatore, nell’aver quanto meno specificato che la scelta per l’arbitrato irrituale deve essere necessariamente espressa per iscritto.

Ciò che può dirsi certo, a seguito della novella del 2006, è che i due tipi di arbitrato sono accomunati dall’esistenza di una controversia e dall’intento delle parti di affidarne la decisione ad un soggetto privato, al termine di un processo svoltosi nel contraddittorio delle parti, mentre ciò che differenzia i due istituti è l’efficacia della decisione posta a definizione del giudizio, che nell’irrituale ha natura di mera determinazione contrattuale, insuscettibile di exequatur, mentre nell’arbitrato rituale acquista un’efficacia analoga a quella della sentenza del giudice ordinario, sebbene pronunciata da un giudice privato.

LE NORME

Codice di procedura civile

808-ter – Arbitrato irrituale

812 – Incapacità di essere arbitro

824-bis – Efficacia del lodo

825 – Deposito del lodo

829 – Casi di nullità

Codice civile

1418 – Cause di nullità del contratto

1422 – Imprescrittibilità dell’azione di nullità

1425 – Incapacità delle parti

1427 – Errore, violenza e dolo

1441 – Legittimazione

1442 – Prescrizione

LA FATTISPECIE

Oggetto del presente contributo, all’interno della vasta materia arbitrale, è la questione relativa ai mezzi di impugnazione del lodo irrituale, soprattutto alla luce della recente introduzione, nel codice di rito, del citato art. 808-ter, disposizione che, per la prima volta, ha espressamente disciplinato il modello arbitrale in discorso.

Con particolare riferimento a tale questione, si tratta innanzitutto di stabilire se i cinque casi di vizi del procedimento arbitrale previsti dal secondo comma dell’art. 808-ter siano gli unici motivi di annullamento del lodo irrituale o se, invece, contro la “determinazione contrattuale” siano comunque ammissibili altri rimedi o possano farsi valere ulteriori motivi di impugnazione ricavabili dal sistema.

Del resto, benché l’arbitrato irrituale, nella sua applicazione pratica, costituisca un vero e proprio giudizio assimilabile a quello rituale, esso si distingue profondamente dall’arbitrato rituale in relazione al lodo con cui si definisce la controversia, avente la natura di mero contratto.

Se, dunque, il lodo libero è assimilabile, in quanto a natura ed effetti, ad un contratto, il problema dell’interprete è quello di valutare la possibile applicazione e la rilevanza, per questo particolare tipo di contratto, di tutte le norme dettate dal codice per i contratti, anche relativamente ai mezzi di impugnazione volti a farne valere l’invalidità.

➢ Il regime previgente

Prima dell’introduzione dell’art. 808-ter con la novella del 2006, la natura del lodo irrituale – indiscussa nella sua essenza contrattuale – implicava l’applicazione dei rimedi generali previsti dal codice civile per tutti i contratti.

Così la mancanza nel lodo irrituale di taluno degli elementi essenziali del contratto, nonché la violazione delle norme imperative, legittimavano le parti e chiunque vi avesse avuto interesse ad esercitare azione di nullità ex art. 1418 c.c., senza limiti di tempo.

Il solo soccombente nel giudizio arbitrale (in quanto unica parte che ne aveva interesse) poteva, invece, esercitare un’azione di annullamento contrattuale avverso il lodo libero, contestando l’eventuale dolo o l’errore degli arbitri nell’esercizio della loro funzione.

Tale ultima azione, analogamente a quella di annullamento contrattuale di cui all’art. 1441 c.c., si riteneva dovesse prescriversi in cinque anni, decorrenti dalla sottoscrizione del lodo da parte degli arbitri o, in caso di errore o dolo, dalla scoperta degli stessi, e si proponeva innanzi al Giudice di primo grado la cui competenza veniva determinata secondo le regole ordinarie in materia contrattuale.

Vi è da precisare, tuttavia, che l’errore rilevante, ai fini dell’impugnazione, era considerato soltanto l’errore sostanziale o essenziale, quello cioè che, attenendo alla formazione della volontà degli arbitri, ricorreva qualora gli stessi avessero avuto una falsa o distorta rappresentazione della realtà o un’alterata percezione degli elementi di fatto sottoposti al loro esame. Ciò si riteneva potesse accadere, tra le varie ipotesi, nel caso in cui gli arbitri non avessero preso visione degli elementi della controversia o ne avessero supposti altri inesistenti o avessero dato come contestati fatti pacifici o viceversa.

Era, invece, da ritenersi preclusa ogni forma di impugnativa per errores in iudicando o errore di diritto (oggi consentita, invece, quanto al lodo rituale, dall’art. 829 comma 3 c.p.c., solo se le parti lo abbiano espressamente previsto nella convenzione d’arbitrato o in una scrittura separata, purché anteriore all’inizio del giudizio arbitrale), ricorrente nella diversa ipotesi in cui l’errata percezione concernesse la valutazione di una realtà i cui elementi fossero stati esattamente percepiti e considerati dagli arbitri, anche in ordine alla valutazione delle prove.

Alla stessa stregua, il lodo irrituale non poteva essere annullato per erronea applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale o qualora la determinazione negoziale adottata a composizione della controversia fosse ritenuta inidonea dalla parte impugnante perché non conforme alle sue aspettative, essendo chiamati gli arbitri ad emettere un lodo secondo il loro prudente apprezzamento, in esecuzione del mandato loro conferito dalle parti.

➢ La novella del 2006: i motivi codificati di annullamento del lodo irrituale

Con l’introduzione dell’art. 808-ter, la riforma del 2006 ha previsto e codificato cinque motivi di annullamento, in parte coincidenti con quelli previsti dall’art. 829 c.p.c. per l’arbitrato rituale.

1) Quando la convenzione d’arbitrato è invalida o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai loro limiti, a condizione che le parti abbiano sollevato la relativa eccezione nel procedimento arbitrale (art. 808-ter c.p.c., comma 2, n. 1). Tale primo motivo di impugnazione non fa altro che riprendere due dei motivi già previsti per l’impugnazione del lodo rituale, ai numeri 1 e 4 del primo comma dell’art. 829 c.p.c. La prima ipotesi potrebbe riscontrarsi nel caso in cui non risulta chiara, nella convenzione d’arbitrato, la volontà delle parti di deferire la causa ad un collegio arbitrale, o quando non è espresso in forma scritta il contenuto della convenzione o la stessa abbia ad oggetto diritti non compromettibili, o ancora quando una clausola per arbitrato amministrato devolva la cognizione della questione ad un’istituzione non esistente. La seconda ipotesi potrebbe invece riscontrarsi quando gli arbitri si siano pronunciati su una situazione giuridica non oggetto della convenzione che ha attribuito loro il mandato.

2) Per la violazione delle forme e dei modi stabiliti dalle parti nella convenzione arbitrale per la nomina degli arbitri (art. 808-ter c.p.c., comma 2, n. 2). Tale motivo richiama evidentemente quello dell’art. 829, comma 1, n. 2 c.p.c. e fa riferimento alla eventuale violazione di tutte quelle regole negoziali poste alla base della costituzione del collegio nell’arbitrato irrituale. In base a tale previsione, sarebbe senz’altro annullabile il lodo pronunciato da arbitri nominati da un’autorità diversa rispetto a quella indicata nella convenzione d’arbitrato.

3) Quando il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812 c.p.c. (art. 808-ter c.p.c., comma 2, n. 3). Tale motivo è identico all’art. 829, comma 1, n. 3 c.p.c. e fa riferimento all’ipotesi di un arbitro, investito della causa, che si riveli privo della capacità legale di agire.

4) Quando gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo (art. 808-ter c.p.c., comma 2, n. 4). Tale motivo è analogo a quello dell’art. 829, comma 1, n. 7 c.p.c.; in proposito, non appare superfluo sottolineare che, nel caso dell’arbitrato irrituale, in mancanza di ogni altra regola imposta dalle parti negozialmente, all’arbitro libero s’impone principalmente il rispetto della sola regola del contraddittorio. Laddove, invece, le parti abbiano dato disposizioni sull’esercizio del potere, il lodo sarà sempre annullabile per la violazione di tali regole, indipendentemente dal fatto che il relativo vizio sia stato fatto valere o meno nel corso del giudizio arbitrale.

5) Quando nel procedimento arbitrale non è stato rispettato il principio del contraddittorio (art. 808-ter c.p.c., comma 2, n. 5). Motivo identico all’art. 829, comma 1, n. 9 c.p.c. In questa ipotesi, ciò che rileva, in particolare, è che il contraddittorio sia stato in concreto rispettato, dovendo l’arbitro consentire a tutte le parti la possibilità di essere ascoltate, per formare la sua libera determinazione. Appare, pertanto, indifferente che ciò sia avvenuto in ossequio o meno delle norme processuali che hanno disciplinato quella procedura, atteso che il rispetto del contraddittorio prescinde dalle specifiche pattuizioni delle parti, rendendosi necessario a garanzia dell’imparzialità dell’organo giudicante (pur privato), chiamato a decidere la questione sottoposta al suo esame. La violazione di tale principio, in particolare, ricorre tutte le volte in cui gli arbitri abbiano regolato il procedimento in termini tali da impedire ad una o entrambe le parti di illustrare le proprie ragioni.

L’espressa previsione codicistica della violazione del principio del contraddittorio, quale vizio di impugnazione, è innovativa rispetto alla disciplina preesistente, in cui tale violazione non poteva rilevare come vizio del procedimento, ma piuttosto come violazione del contratto di mandato, potendo essa valere esclusivamente ai fini dell’impugnazione ex art. 1429 c.c., ossia come errore degli arbitri che avesse inficiato la loro volontà. Da ciò conseguiva, per consolidata giurisprudenza, che la parte che impugnava il lodo doveva dimostrare, in concreto, l’errore nell’apprezzamento della realtà nel quale gli arbitri fossero eventualmente incorsi, non implicando di per sé un vizio della volontà degli arbitri il solo fatto di non aver ascoltato le parti o letto le loro memorie.

➢ Modalità di impugnazione, competenza e termini

Mentre l’impugnazione per nullità del lodo rituale deve essere proposta davanti alla Corte d’Appello nel cui distretto ha sede l’arbitrato, secondo lo speciale procedimento previsto dagli artt. 828 e ss. c.p.c., il Giudice competente a decidere della domanda di impugnativa del lodo irrituale, per i motivi di cui all’art. 808-ter, è il Tribunale del luogo di pronuncia del lodo. L’impugnazione si propone con atto di citazione nei confronti delle controparti in arbitrato.

Sebbene non sia stato espressamente stabilito alcun termine per l’esercizio della relativa azione, il riferimento normativo all’annullabilità induce a ritenere applicabile la disciplina di prescrizione dell’azione di annullamento contrattuale (cinque anni), dettata dall’art. 1442 c.c., comma 1, con la conseguente applicazione del comma 4 dello stesso articolo che rende opponibile l’annullabilità in via d’eccezione, nonostante sia prescritta l’azione per farla valere.

LA GIURISPRUDENZA

Di seguito si riportano alcune pronunce giurisprudenziali di legittimità che concernono l’arbitrato irrituale, sotto il vigore della normativa anteriore alla novella del 2006. Non si rintracciano ancora pronunce a seguito della riforma, dovendosi pertanto far riferimento all’elaborazione dottrinale (di cui al paragrafo successivo), soprattutto per quanto concerne la possibile impugnazione del lodo irrituale per tutti quei vizi che determinano, in via generale, la nullità o l’annullamento del negozio.

SULLA NATURA DELL’ARBITRATO IRRITUALE

Cassazione Civile, sez. I, 02 luglio 2007, n. 14972

Posto che sia l'arbitrato rituale che quello irrituale hanno natura privata, la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che con il primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., con l'osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. (Nella specie, la Corte ha qualificato rituale l'arbitrato in un caso in cui la clausola compromissoria attribuiva all'arbitro unico un potere “decisionale” sulle controversie che potessero insorgere sull'interpretazione ed esecuzione del contratto e difettava di elementi univocamente sintomatici dell'irritualità, mentre il quesito sottoposto all'arbitro faceva esplicito riferimento ad un lodo con “effetto di sentenza”). (Diritto & Giustizia 2007, Giust. civ. Mass. 2007, 7-8)

Cassazione civile sez. I, 01 febbraio 2007, n. 2213

Ricorre un'ipotesi di arbitrato irrituale allorquando le parti affidano a un privato il compito di risolvere una controversia mediante il ricorso a strumenti esclusivamente negoziali; in tal caso il lodo può essere impugnato innanzi al giudice ordinariamente competente per vizi del negozio e non per nullità innanzi alla corte d'appello ai sensi dell'art 828 c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte d'appello, che aveva desunto la natura irrituale dell'arbitrato dalla qualificazione dell'arbitro come “amichevole compositore che giudichi pro bono ed equo” e del lodo come “obbligatorio per le parti come se si trattasse di scrittura privata validamente sottoscritta”, ritenendo irrilevante la previsione della impugnabilità “solo per motivi di legittimità”, ed aveva dichiarato quindi inammissibile l'impugnazione del lodo). (Giust. civ. Mass. 2007, 2)

SUI MOTIVI DI IMPUGNAZIONE DEL LODO IRRITUALE

Cassazione civile sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22374

Il lodo arbitrale irrituale non è impugnabile per errori di diritto, ma solo per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l'errore, la violenza, il dolo o l'incapacità delle parti che hanno conferito l'incarico e dell'arbitro stesso. (Fattispecie relativa alla impugnazione di un provvedimento dell'E.N.C.I. - Ente nazionale cinofilia italiana - ritenuta inammissibile dalla Corte di merito con decisione confermata dalla S.C., in quanto l'errore denunciato, riguardando l'applicazione di una norma statutaria che regola il procedimento di impugnazione interna delle pronunce disciplinari, costituiva un errore di giudizio). (Giust. civ. Mass. 2006, 11)

Cassazione civile sez. lav., 09 agosto 2004, n. 15353

Nell'arbitrato libero o irrituale, che si traduce in una regolamentazione contrattuale della contesa, la violazione del principio del contraddittorio non rileva come vizio del procedimento, ma come violazione del contratto di mandato, e può rilevare esclusivamente ai fini dell'impugnazione ex art. 1429 c.c., ossia come errore degli arbitri che abbia inficiato la volontà contrattuale dai medesimi espressa; ne consegue che la parte che impugna il lodo deve dimostrare in concreto l'errore nell'apprezzamento della realtà nel quale gli arbitri sarebbero incorsi, mentre il solo fatto di non essere stata ascoltata, di non aver ricevuto copia della memoria prodotta dalla controparte o di non aver potuto produrre a sua volta una replica non implica di per sé un vizio della volontà degli arbitri. (Giust. civ. 2004, I, 2557)

Cassazione civile sez. lav., 16 marzo 2004, n. 5359

Il lodo arbitrale irrituale è impugnabile soltanto per vizi della manifestazione della volontà negoziale e non anche per nullità, ai sensi dell'art. 829 c.p.c. (Giust. civ. Mass. 2004, 3)

Cassazione civile sez. I, 16 maggio 2003, n. 7654

In tema di impugnazione del lodo irrituale, essendo il lodo libero un atto di volontà ed avendo, quindi, valore negoziale, non è impugnabile a norma dell'art. 827 c.p.c., bensì per i soli motivi previsti dalla legge come causa di nullità o annullamento del negozio: ossia per incapacità delle parti che lo hanno conferito, o per vizi del consenso (errore sostanziale o di fatto, violenza o dolo) delle parti medesime e degli arbitri loro mandatari, nonché per eccesso dai limiti dell'incarico. Il lodo irrituale non è quindi impugnabile per “errores in iudicando” neppure ove consistano in una erronea interpretazione dello stesso contratto stipulato dalle parti che ha dato origine al loro mandato e non è più in generale annullabile per erronea applicazione della norma di ermeneutica contrattuale, né a maggior ragione per un apprezzamento delle risultanze negoziali diverso da quello ritenuto dagli arbitri e comunque non conforme alle aspettative della parte impugnante. (Giust. civ. Mass. 2003, 5)

Cassazione civile sez. lav., 04 aprile 2002, n. 4841

Il lodo arbitrale irrituale è impugnabile solo per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l'errore, la violenza, il dolo e l'incapacità delle parti che hanno conferito l'incarico, o dell'arbitro stesso. In particolare, l'errore rilevante è solo quello attinente alla formazione della volontà degli arbitri, che si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa, mentre è preclusa ogni impugnativa per errori di diritto, sia in ordine alla valutazione delle prove che in riferimento alla idoneità della decisione adottata a comporre la controversia. (Giust. civ. 2002, I, 1212)

Cassazione civile sez. lav., 08 febbraio 1988, n. 1341

Con riguardo ai rapporti di lavoro subordinato, avverso il lodo reso in sede di arbitrato libero, che ha natura di atto negoziale riconducibile alla volontà espressa delle parti con il conferimento del mandato agli arbitri, è esperibile - oltre all' impugnazione ai sensi del combinato disposto dell'art. 5 della legge n. 533 del 1973 e dell'art. 2113 c.c. - anche l'azione di nullità ex art. 1418 c.c. e quella di annullamento per incapacità delle parti e degli arbitri (art. 1425 c.c.) o per vizi di consenso (art. 1427 e ss. c.c.). In particolare, l'errore che può venire in considerazione ai fini della impugnabilità del lodo in tema di arbitrato libero è l'errore sostanziale o essenziale (art. 1428 e 1429 c.c.) che attiene alla formazione della volontà degli arbitri e che ricorre quando questi ultimi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà (cioè quando non abbiano preso visione degli elementi della controversia o ne abbiano supposto altri inesistenti o abbiano dato come contestati fatti pacifici e viceversa), restando per contro esclusa ogni forma di impugnativa per errore di giudizio - in ordine sia alla valutazione delle prove che all'opportunità delle decisioni adottate in concreto dagli arbitri - o per errore di diritto.(Giust. civ. Mass. 1988, fasc.2)

SUL GIUDICE COMPETENTE PER L’IMPUGNAZIONE

Cassazione civile sez. lav., 17 agosto 2004, n. 16049

Il lodo arbitrale irrituale è impugnabile, davanti al giudice ordinariamente competente, soltanto per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale (errore, violenza, dolo, incapacità delle parti o dell'arbitro), mentre è preclusa ogni impugnativa per errori di diritto, né, ove sia stato conferito l'incarico di emettere un arbitrato irrituale, esso può equivalere ad una “sentenza arbitrale”. Di conseguenza, avverso tale lodo arbitrale non è ammissibile l' impugnazione di nullità dinanzi alla Corte d'appello, ex art. 828 c.p.c., ma solo una azione per eventuali vizi del negozio, da proporre con l'osservanza delle norme ordinarie sulla competenza, con rispetto del doppio grado di giurisdizione, pena la menomazione del diritto inviolabile della difesa (art. 24 cost.). (Giust. civ. Mass. 2004, 7-8).

LA DOTTRINA

Il nuovo art. 808-ter c.p.c. ha avuto l’indubbio merito – se non un demerito per alcuni – di prevedere espressamente la possibilità per le parti di stabilire che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale, così segnando la fine dell’arbitrato libero come episodio non regolato dalla legge. Come già accennato, tuttavia, la norma in commento presenta non pochi problemi interpretativi circa la tipicità o meno dei mezzi di impugnazione del lodo irrituale in esso elencati.

In dottrina è sorto subito il dibattito circa l’esaustività e la tassatività dei motivi di annullamento contemplati dal citato articolo, residuando il dubbio sulla possibile applicazione delle ordinarie impugnative contrattuali del lodo libero, in quanto fenomeno puramente negoziale.

Una risposta a tale quesito non risulta affatto semplice e già, fra gli interpreti, si profilano opinioni contrastanti.

Secondo un primo orientamento (VERDE), attribuendosi valore “contrattuale” alla decisione degli arbitri irrituali, la stessa decisione, o per meglio dire determinazione, sarà annullabile – posto che non è stato diversamente stabilito – non solo per i motivi indicati nell’articolo de quo, ma anche per i vizi che invalidano qualsiasi contratto e per i quali il lodo libero risultava impugnabile prima della riforma (segnatamente: nullità e annullabilità).

Secondo un’altra prospettiva (SASSANI), invece, in quanto tipizzati, i motivi di cui all’art. 808-ter sono tendenzialmente esaustivi. Il fatto che il codice delinei una disciplina, anche in ordine ai mezzi di impugnazione dell’atto finale, dovrebbe indurre a ritenere che il lodo irrituale sia soggetto ad un’autonoma azione di impugnativa, non essendo, quindi, affatto soggetto alle regole generali delle impugnative negoziali del codice civile.

Seguendo tale linea interpretativa, il codice di rito ha, infatti, delineato una dettagliata sequenza procedimentale dell’arbitrato irrituale, elencando persino i vizi per i quali il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente; pertanto, l’aver, per la prima volta, contemplato espressamente i motivi di annullabilità del lodo irrituale indurrebbe a ritenere tale lodo non più impugnabile per la tipologia dei motivi sottostanti alle azioni contrattuali.

Secondo una tesi che può ritenersi intermedia (BOVE), l’art. 808-ter c.p.c. presenta non pochi problemi interpretativi e, “pur residuando il dubbio sulla esaustività dei motivi d’impugnazione del lodo irrituale, introdotti con la riforma”, non ci sono tuttavia ragioni imprescindibili, né in forza dell’art. 808-ter né di altre disposizioni, che possano far propendere per l’una o l’altra soluzione (tipicità o meno dei motivi d’impugnazione di cui all’art. 808-ter). Sembra, quindi, “più ragionevole accreditare l’idea più permissiva, in attesa che si formi un diritto vivente che possa tranquillizzare l’interprete”. In ogni caso, per tale autore, nonostante l’attuale fase d’incertezza sul punto, “non sembra si possa escludere l’impugnativa per dolo dell’arbitro, ai sensi dell’art. 1349, comma 2 c.c.”.

In merito al contrasto interpretativo appena delineato, si ritiene opportuno sottolineare che la giurisprudenza definisce l’arbitrato irrituale come “vicenda che inizia e si esaurisce sul piano contrattuale”, sostenendo che il lodo libero abbia natura negoziale, in quanto riconducibile alla volontà delle parti manifestata nel conferire il mandato agli arbitri; pertanto, in assenza di un divieto espresso, si dovrebbe considerare il lodo irrituale assimilabile ad un negozio giuridico e, in quanto tale, impugnabile anche per i vizi che costituiscono causa di nullità e annullabilità dei contratti, nonostante l’introduzione dei motivi specifici di cui all’art. 808-ter.

Per ulteriori approfondimenti dottrinali:

- BOVE, L’arbitrato irrituale dopo la riforma in www.judicium.it;

- LA CHINA, L’Arbitrato, il sistema e l’esperienza, Milano, 2007, 9 e ss.;

- MONTALENTI, La riforma dell’arbitrato:primi appunti, in Giur. It., 2007, 501 ss.;

- SASSANI, L’arbitrato a modalità irrituale, in Riv. arb., 2007, 1, 25 ss.

- MARINELLI, Arbitrato irrituale, in Codice degli arbitrati, Torino, 2006, 36 ss.;

- LUISO - SASSANI, La riforma del processo civile, Milano, 2006, 261;

- CATTANI, “La convenzione d’arbitrato”, in Il nuovo processo arbitrale, AA.VV., Milano, 2006, 1 ss.

- VECCHIO, “Le impugnazioni”, in Il nuovo processo arbitrale, AA.VV., Milano, 2006, 155 ss.

- CECCHELLA, L’arbitrato, Torino, 2005, 169 e ss.

- VERDE, Arbitrato irrituale, in Riv. arb., 2005, 4, 665 ss.

LE CONCLUSIONI

Dalle considerazioni finora svolte si può, dunque, concludere che il lodo irrituale, ai sensi dell’art. 808-ter c.p.c., può essere impugnato, in via d’azione (con domanda di annullamento avente la forma della citazione), per i cinque vizi in esso contemplati, di fronte al Tribunale del luogo in cui il lodo è stato pronunciato, nel termine prescrizionale di cinque anni, decorrenti dalla data di sottoscrizione del lodo da parte degli arbitri.

In virtù dei principi generali e dell’implicito richiamo operato dall’art. 808-ter all’azione di annullamento di cui all’art. 1442, comma 1, c.c., il lodo-negozio sarà annullabile anche in via d’eccezione, ai sensi dell’art. 1442, comma 4, c.c., anche se è prescritta l’azione per far valere i relativi vizi.

Residua il dubbio se il lodo libero sia impugnabile anche per gli ulteriori e generali motivi di impugnazione contrattuale ma, stante la mancata previsione della tassatività dei motivi dell’art. 808-ter, non sembra potersi escludere l’applicabilità delle ordinarie azioni di annullamento contrattuale, comunque nei limiti già delineati dalla giurisprudenza previgente alla riforma. In ogni caso, sarà l’applicazione pratica e l’interpretazione dei giudici a far chiarezza sul punto.

LA PRATICA

Si riporta, di seguito, un esempio di atto di impugnazione di lodo irrituale, nella formula da utilizzare per chiedere l’annullamento del lodo contrattuale ai sensi dell’art. 808-ter, comma 2, n. 1, quando gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitavano dai loro limiti.

TRIBUNALE DI…………

ATTO DI CITAZIONE

La ……….. S.p.A., con sede in ………, alla via ….. n. …, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. ……………., rappresentata e difesa dall’Avvocato ……………………, come da procura a margine del presente atto, ed elettivamente domiciliata presso il suo Studio in ……., alla via …. n. …

PREMESSO CHE

- è insorta una controversia tra la scrivente società e la ……….. con riguardo al contratto stipulato in data ……… (all. n.1);

- in data …….., la società …….. comunicava alla controparte l’intenzione di promuovere giudizio arbitrale irrituale, così come previsto nella clausola compromissoria di cui all’art. … del contratto stipulato in data …….. e nominava al contempo proprio arbitro di parte il dott. ………;

- a seguito della risposta della …………, si costituiva regolarmente il Collegio arbitrale con l’accettazione del Presidente del Collegio avvenuta in data …………, decorrendo da tale data il termine per la pronuncia del lodo contrattuale previsto nella convenzione d’arbitrato al punto n. ..;

- in data ………. veniva emesso lodo arbitrale (all. n. 2), sottoscritto il …….., notificato alla parte esponente in data ……… (ove effettivamente notificato), con il quale la società ………… veniva condannata al pagamento di € ……… nei confronti della …………….. S.p.A., a titolo di ……………..;

- il suddetto lodo è annullabile in quanto gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitavano dai loro limiti, in quanto…………come risulta da…………;

- nonostante la parte esponente avesse eccepito, durante il procedimento arbitrale, che le conclusioni di controparte esorbitavano dai limiti imposti dalla clausola compromissoria (oppure……..), gli arbitri hanno definito la controversia con lodo contrattuale pronunciato sulla base delle predette conclusioni;

- per tale motivo il lodo deve essere annullato, ai sensi dell’art. 808-ter, comma 2, n. 1 c.p.c.

Tutto ciò premesso, la società ………….., come sopra rappresenta e difesa, propone impugnazione per far annullare il predetto lodo emesso in arbitrato irrituale, ai sensi dell’art. 808-ter, comma 2, n. 1, in quanto pronunciato su conclusioni che esorbitavano dai limiti del Collegio Arbitrale e, pertanto,

CITA

la società …………, con sede in ………… alla via …………… n. …., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. …….., a comparire innanzi al Tribunale di …. …….. all’udienza del ……. ore di rito, Giudice e Sezione da designarsi, con invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata, ai sensi e con le forme di cui all’art. 166 c.p.c. e con espresso avvertimento che, in mancanza di tempestiva rituale costituzione, incorrerà nelle preclusioni e decadenze di cui all’art. 167 c.p.c. e che, in caso di mancata costituzione, si procederà in sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti:

CONCLUSIONI

“Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:

- annullare, ai sensi dell’art. 808-ter, comma 2, n. 1, c.p.c. il predetto lodo arbitrale contrattuale

per i motivi esposti in narrativa;

- con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio”.

Ai fini del versamento del contributo unificato per le spese di giustizia dichiara che il valore della causa è di € ……..

Dichiara altresì, di voler ricevere gli avvisi e le comunicazioni di cui agli artt. 133, comma 3, 134, comma 3 e 176, comma 2, c.p.c. a mezzo fax al n. ………...(oppure) all’indirizzo di posta elettronica ……………………

Si producono in copia:

1) Contratto con inclusa la convenzione d’arbitrato stipulata in data ….

2) Lodo arbitrale emesso il ……….. e notificato il …………

Con riserva di ulteriori deduzioni istruttorie nei termini consentiti.

Luogo e data

Firma